L’ipercolesterolemia familiare è una malattia genetica che si trasmette con una modalità autosomica codominante. Questa patologia è connessa ad una mutazione a carico del gene responsabile della codificazione del recettore delle LDL (lipoproteine a bassa densità) che hanno il compito di internalizzare il colesterolo all’interno delle cellule ed evitare un suo deposito a livello dei grossi vasi.
Esistono due diverse forme di ipercolesterolemia familiare: l’ ipercolesterolemia familiare eterozigote che ha un’incidenza nella popolazione di 1/500 pazienti e l’ipercolesterolemia familiare omozigote, molto più rara, con un’incidenza nella popolazione di un caso ogni milione di persone. Molto spesso l’ipercolesterolemia familiare viene confusa con ipercolesterolemia familiare combinata, anche se sarebbe più corretto parlare di iperlipidemia combinata familiare, una patologia caratterizzata dall’aumento nel sangue del colesterolo e dei trigliceridi.
Questa disfunzione si può sospettare sottoponendosi a semplici analisi del sangue. I valori plasmatici di colesterolo di chi è affetto dalla patologia superano di gran lunga quelli normali e sono di circa 270-500 mg/dl per la forma eterozigote e maggiori di 500 negli omozigoti che è anche la condizione più grave della patologia.
L’ipercolesterolemia familiare non sempre si manifesta con dei sintomi caratteristici, per questo motivo possono passare anche anni prima che la malattia sia diagnosticata anche perché non tutti si sottopongono con una certa cadenza alle analisi del sangue. Qualora, invece, essa sia accompagnata da sintomi abbiamo: alterazioni ai tendini e alla parte esterna dell’iride, xantomi e xantelasmi alle palpebre. Molto spesso i soggetti che soffrono di questa alterazione del metabolismo del colesterolo non presentano alcun segno caratteristico, anzi sono persone in buona salute, non sono in sovrappeso, praticano regolarmente sport ma il rischio di sviluppare una malattia cardiovascolare precoce, causata da elevati livelli di LDL, è molto elevato.
Diagnosi dell’ipercolesterolemia familiare
La diagnosi di ipercolesterolemia familiare si effettua sottoponendosi ad una semplice test del DNA che ha lo scopo di andare ad identificare la mutazione genetica responsabile dell’aumento del colesterolo LDL. In Olanda è stato messo a punto uno specifico test a punteggio, il Dutch Lipid Clinic Network Score (DLCNS) for FH, che potrà fornire un’ulteriore conferma della presenza della patologia.
Si tratta di un questionario validato su una serie di criteri basati sulla storia familiare di pazienti affetti da malattia cardiovascolare precoce nei familiari di primo grado. In questo test, si prendono in considerazione una serie di variabili: la storia familiare, i livelli plasmatici di colesterolo non trattati farmacologicamente, i segni fisici come xantomi o Arcus cornealis prima dei 45 anni d’età. Una volta compilata questa tabella si otterrà un punteggio che corrisponderà alla diagnosi di: ipercolesterolemia familiare conclamata, probabile, possibile o improbabile.
Una volta confermata la diagnosi sarà il vostro medico a decidere la terapia più idonea al vostro caso tenendo ben fermo un caposaldo fondamentale: ridurre al minimo il rischio di malattie cardiovascolari come infarto del miocardio e ictus.
Terapia farmacologica dell’ipercolesterolemia familiare
Il trattamento farmacologico ai quali saranno sottoposti i pazienti affetti da questa patologia, non sono trattati diversamente dai pazienti che hanno elevati livelli di colesterolo nel sangue dovuti ad altre cause e che hanno un elevato rischio di malattie cardiovascolari. La terapia farmacologia sarà messa a punto con i farmaci attualmente più diffusi per il trattamento dell’ipercolesterolemia come statine, fibrati, resine a scambio ionico cloridrate ed inibitori del riassorbimento intestinale del colesterolo come l’ezetimibe. Purtroppo, questa terapia dovrà durare per tutta la vita, perché in questo tipo di patologia la correzione dello stile di vita e dell’alimentazione, seppur importantissimi ed insostituibili, possono fare ben poco trattandosi di una malattia genetica. Molti pazienti sono spaventati all’idea di dover assumere farmaci per tutta la loro vita, tuttavia solo i farmaci possono dare una corretta risposta se associati ad un corretto stile di vita. Le statine sono i farmaci più prescritti in questi casi e spesso vengono somministrati a dosaggi massimi.
Fonte foto: bloodflowonline.com |
I farmaci, tuttavia, non costituiscono l’unica terapia che abbiamo a disposizione per trattare il problema. Infatti, in casi di estrema gravità si può ricorrere ad una procedura detta LDL aferesi che viene utilizzata con una certa regolarità nell’ipercolesterolemia familiare omozigote. Con questa procedura, praticamente, si effettua una “ripulitura” del sangue del paziente in cui vengono eliminate gran parte delle LDL circolanti. Il meccanismo è molto simile alla dialisi e viene “restituito” al paziente un sangue privo di lipoproteine a bassa densità.
Ipercolesterolemia familiare: dieta da seguire
Prima di parlare dell’alimentazione che è giusto seguire in caso di ipercolesterolemia familiare è necessario fare il punto della situazione sullo stile di vita più consono da adottare in questi casi. Per prima cosa, è indispensabile smettere di fumare: il fumo, come si sa, riduce la quota di colesterolo buono (HDL) e danneggia le nostre arterie portando via il coating che ci protegge dalla possibile formazione di placche aterosclerotiche. Inoltre, il fumo riduce anche l’elasticità vasale e il ritorno venoso con il risultato di un aumento delle resistenze periferiche che predispongono il paziente ad un aumento del rischio di malattie cardiovascolari.
Le raccomandazioni generali riguardo l’alimentazione da seguire in questi non sono diverse anche per coloro che non soffrono di ipercolesterolemia familiare e comprendono: la riduzione dei grassi saturi di origine animale, aumento del consumo di frutta e verdura ricchi di fibre, svolgere una regolare attività fisica, ridurre il consumo di bevande alcoliche e quelle ricche di zuccheri, ridurre drasticamente il consumo di sale (anche quello contenuto negli alimenti preconfezionati, non solo quello che aggiungiamo dall’esterno). Teniamo a ribadire che l’alimentazione nel caso specifico di questa patologia non ha un ruolo fondamentale nel ridurre i livelli di colesterolo se non supportata da una adeguata terapia farmacologica. Con questo non voglio dire che correggere l’alimentazione non serva, anzi questo è un dogma da cui non si prescinde, ma nello specifico della patologia di cui stiamo trattando essa non ha un ruolo nel modificare il suo decorso trattandosi di una malattia genetica.
Quali sono i livelli di colesterolo auspicabili in caso di ipercolesterolemia familiare?
Negli adulti l’obiettivo da perseguire è quello di ridurre la quota di LDL circolanti a 100 mg/dl e 70 mg/dl nei soggetti diabetici o già colpiti da malattie cardiovascolari. Ovviamente, questi risultati possono essere raggiunti solo con una terapia farmacologia mirata ed ad elevato dosaggio spesso impiegando anche associazioni di più farmaci.
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