Da pane e formaggio come merenda, besciamella in primo o secondi, fino ai gelati e milkshake in estate, sono moltissime le occasione che abbiamo in cui ingeriamo prodotti contenenti lattosio. E se per molti non è un problema, per altri può essere causa di malesseri più o meno gravi causati dalla cosiddetta intolleranza al lattosio. Vediamo, quindi, come riconoscerla, come si diagnostica e quali soluzioni si possono mettere in campo.
In questo articolo parliamo di:
Cos’è il lattosio
Il lattosio è uno zucchero complesso che si trova in quantità predominante nel latte dei mammiferi come mucca, capra, asina e negli esseri umani. E’ composto da due zuccheri semplici il galattosio e il glucosio. Dal nostro organismo il lattosio viene assorbito dopo essere stato scomposto nei suoi due monosaccaridi da parte dell’enzima lattasi, prodotto dalle cellule intestinali. Le persone intolleranti al lattosio vedono una perdita totale o parziale dell’enzima lattasi e la molecola, non scomposta in prodotti più piccoli, non riesce ad attraversare la parete intestinale e quindi correttamente digerita.
Sintomi dell’intolleranza al lattosio
Nelle persone con specifica intolleranza, l’ingestione di prodotti con lattosio, in breve tempo, provoca:
- dolore con crampi addominali
- diarrea o stitichezza
- nausea
- gonfiore
- flatulenza
- mal di testa
- spossatezza
- eruzioni cutanee.
Non confondere intolleranza e allergia
L’intolleranza al lattosio viene suddivisa in tre forme:
- genetica primaria: condizione determinata dal DNA dell’individuo che vede, durante la crescita una difficoltà nel produrre l’enzima lattasi.
- transitoria: accade dopo una malattia o un intervento ed è una situazione temporanea.
- congenita: l’assenza totale di lattasi è presente già da prima dello svezzamento impedendo di digerire completamente il latte.
L’immunologo clinico e allergologo Mauro Minelli all’Adnkronos chiarisce poi la differenza tra intolleranza e allergia al lattosio:
“L’allergia al latte è determinata non già dallo zucchero lattosio, ma dalle proteine del latte: alfa-lattoalbumina, beta-lattoglobulina, caseina. In questi casi la reazione non è determinata da un difetto enzimatico”.
Infatti, non si presenta con i sintomi dell’intolleranza, ma si genera a seguito di una reazione immunologica mediata da anticorpi specifici appartenenti alla classe delle IgE e può manifestarsi con reazioni molto severe che vanno dall’orticaria, all’asma e fino allo shock anafilattico. Poi, bisogna ricordare un’ulteriore differenza, continua l’esperto: l’enzima lattasi, eventualmente perduto, si può rigenerare. Dunque l’intolleranza al lattosio, in alcuni casi, può regredire. Invece, l’allergia è destinata a restare, obbligando il paziente a tenersi sempre ben distante non solo dal latte e dai suoi prodotti, ma anche dagli ambienti nei quali il latte viene prodotto e lavorato.
Come scoprire l’intolleranza al lattosio
La diagnosi dell’intolleranza al lattosio è possibile, ma è bene non farsi autodiagnosi. Rivolgendosi a professionisti sanitari specializzati ci si può sottoporre a test dedicati. Il più utilizzato è il “breath test”, esame non invasivo tanto da poter essere effettuato anche da bambini e donne in gravidanza. Consiste nel fare espirare i pazienti in un sacchetto una prima volta prima dell’assunzione di lattosio e poi ogni 30 minuti nelle 3 ore successive. Si misura il picco di gas idrogeno nell’aria espirata: in caso di deficit di lattasi, il lattosio non può essere digerito e quindi viene fermentato dai batteri del colon, provocando la produzione di gas.
Un altro possibile test è quello di misurare i livelli di glucosio nel sangue più volte. Questo perché i soggetti che digeriscono il lattosio, oltre a non sviluppare sintomi, hanno un aumento dei i livelli di zucchero nel sangue. Avviene il contrario in chi non riesce a digerire il lattosio. Ad oggi, però, non è un test particolarmente utilizzato.
Infine, è possibile effettuare anche il test genetico che individua una situazione potenzialmente dannosa. E’ bene però chiedere il parere medico per evitare una diagnosi di intolleranza al lattosio senza magari effettivamente esserlo.
Escludere il lattosio, senza avere una diagnosi effettiva di intolleranza, potrebbe indurre paradossalmente la comparsa di un’intolleranza secondaria, conseguente proprio ad un’astinenza inutilmente prolungata dal latte e dai suoi derivati, spiega Minelli.
Terapie e soluzioni
Nel caso di intolleranza al lattosio di tipo genetica primaria e l’intolleranza al lattosio congenita non ci sono terapie risolutive.
Per l’intolleranza al lattosio transitoria si può temporaneamente sospendere l’assunzione di prodotti a base di lattosio per poi riprenderli con gradualità.
Dal momento che non è possibile effettuare una prevenzione, né esiste un trattamento risolutivo, chi ha una intolleranza al lattosio dovrebbe eliminare dalla dieta tutti le fonti di lattosio.
Quindi attenzione a:
- latte vaccino, di capra e altri animali, i formaggi freschi (come mozzarella, certosa e formaggi a pasta molle)
- tutti i prodotti a base di latte (gelati, burro, creme, pane, prodotti da forno, cioccolato al latte)
- insaccati, affettati, purè, sughi, dado da brodo e alimenti in scatola, e alcuni medicinali dove il lattosio è usato come additivo o eccipiente.
Sì, ma con attenzione, ai formaggi stagionati (grana, parmigiano, provolone e pecorino) che generalmente non danno problemi perché la stagionatura dei formaggi riduce notevolmente la presenza di lattosio.
A livello alimentare, si possono consumare latti delattosati, cioè privi di lattosio, e/ o prodotti caseari arricchiti da Lactobacillus acidophilus, un batterio che digerisce il lattosio, o a base di lattasi o lattosio predigerito.
Infine, si possono utilizzare enzimi contenenti lattasi, da assumere prima di mangiare prodotti con latticini o derivati che aiutano la digestione di questi alimenti.
Fonti:
Humanitas – Intolleranza al lattosio
MSD Manuals – Malassorbimento