Citomegalovirus e IgG positivo: cosa vuol dire se il risultato dei test sugli anticorpi di questo specifico virus dovesse risultare positivo? Come metterlo in relazione con le IgM, gli altri anticorpi coinvolti nella reazione del nostro corpo all’infezione dovuta a questa famiglia di virus?
Il Citomegalovirus è una famiglia di virus che possono attaccare l’uomo e che, a meno di condizioni patologiche pregresse e che inficiano quello che è il funzionamento del nostro sistema immunitario, non causa grossi problemi, con una sintomatologia praticamente nulla.
Quello che rende questo virus particolarmente interessante sotto il profilo clinico sono le possibili ripercussioni sul feto nel caso in cui l’infezione per la futura mamma avvenga proprio durante la gestazione: a questo scopo viene effettuato il test degli anticorpi IgG e IgM di cui ci interesseremo, appunto, nella guida di oggi. Vediamo insieme tutto quello che c’è da sapere a riguardo e come interpretare eventuali risultati positivi in questo senso.
In questo articolo parliamo di:
- Il Citomegalovirus: perché è importante durante la gravidanza?
- Perché gli anticorpi IgG sono importanti?
- L’infezione acuta è il problema principale
- Si può fare profilassi?
- Il test dell’avidità
- C’è qualcosa che possiamo fare in caso di infezione?
- Allo studio specifici farmaci anti-virali
- Come verificare la trasmissione al bambino?
Il Citomegalovirus: perché è importante durante la gravidanza?
La possibile infezione da Citomegalovirus è importantissima in quanto, nel caso in cui l’infezione dovesse avvenire durante la gravidanza, potrebbe avere ripercussioni particolarmente nefaste sul feto, ripercussioni che avremo modo di analizzare più nello specifico tra poco.
Al di fuori della gestazione il virus è poco interessante a livello clinico: non comporta stati in grado di peggiorare lo stato di salute del soggetto e vive, o forse sarebbe il caso di dire convive, con il nostro organismo senza colpo ferire.
Durante la gravidanza invece, soprattutto nel caso in cui l’infezione prima fosse avvenuta proprio durante la gestazione, ci troveremmo davanti ad un possibile contagio del feto, con possibili danni e ostacoli al suo sviluppo:
- è maggiore l’incidenza di malformazioni;
- è maggiore l’incidenza di anomalie nella formazione del sistema uditivo;
- è maggiore l’incidenza di ritardi dello sviluppo cognitivo e della crescita post-natale.
Si tratta dunque di esiti potenzialmente nefasti, anche se a riguardo vanno fatti comunque dei distinguo, andando ad approfondire ulteriormente la questione.
Non sempre l’infezione avvenuta durante la gestazione viene poi trasmessa al feto, e non sempre l’infezione causa conseguenze al feto, né durante lo stadio dello sviluppo fetale, né successivamente. In media, in caso di infezione della madre durante la gestazione, tra il 3% e il 6% dei bambini sviluppa le conseguenze più nefaste dell’infezione del virus.
Perché gli anticorpi IgG sono importanti?
In seguito all’infezione da Citomegalovirus si fanno registrare, in due fasi diverse, due tipi di anticorpi:
- gli anticorpi IgM sono quelli che si registrano nella fase acuta dell’infezione. Per intenderci, nel caso di contagio recente, saranno gli anticorpi IgM a dare esito positivo;
- gli anticorpi IgG: sono invece gli anticorpi che si sviluppano nel caso in cui la fase acuta dell’infezione sia passata; il virus però non viene mai completamente debellato dal nostro organismo e chi lo abbia contratto in passato continuerà a risultare positivo per il test degli anticorpi IgG.
L’infezione acuta è il problema principale
La differenza tra i due anticorpi è di estrema rilevanza in quanto è l’infezione contratta durante la gestazione (e dunque quella rilevata dagli anticorpi IgM) è più probabile che venga trasmessa al feto, con tutto quanto ne consegue.
L’infezione ormai passata e non più in fase acuta invece può essere trasmessa molto più raramente al feto e costituisce motivo di preoccupazione sicuramente inferiore.
Si può fare profilassi?
Non esiste purtroppo al momento una terapia indicata per evitare la trasmissione del Citomegalovirus al feto; per questo motivo, nel caso in cui la madre non abbia già contratto il virus, si dovrà cercare di evitare comportamenti che possano mettere a rischio infezione:
- bisognerà evitare il contatto con i bambini, per quanto possibile e tenendo conto del fatto che spesso l’infezione non dà effetti visibili;
- bisognerà inoltre evitare i luoghi (asili, strutture sportive, piscine) affollati e con la presenza di bambini;
- bisognerà cercare di lavarsi le mani ogniqualvolta si entri in contatto con dei bambini.
Delle norme igieniche standard dovrebbero essere sufficienti per evitare un’infezione comunque estremamente comune, che colpisce circa un soggetto su due nell’arco della sua vita.
Il test dell’avidità
Nel caso in cui dovessimo riscontrare esito positivo per quanto riguarda l’anticorpo IgM, potremmo trovarci di fronte ad un’infezione che è avvenuta fino a 3 mesi prima e che dunque potrebbe essere occorsa prima del concepimento. In questo caso si procede con un test detto dell’avidità, che riuscirà ad individuare con relativa precisione il momento dell’avvenuta infezione.
C’è qualcosa che possiamo fare in caso di infezione?
No. Purtroppo come abbiamo detto prima non esistono al momento farmaci che siano in grado di evitare il trasferimento del virus dalla madre al feto. Dovremo concordare con il nostro medico e con il nostro ginecologo eventuali contromisure nel caso in cui le ecografie dovessero sottolineare problemi allo sviluppo del feto, nonostante come abbiamo detto prima molte delle potenziali conseguenze dell’infezione da Citomegalovirus che colpisce il feto si manifestino in fase post-natale.
Va ricordato il fatto che al momento sono allo studio diverse soluzioni anti-virali specifiche proprio per evitare la trasmissione del CMV dalla madre al feto. Allo stato attuale però non si è ancora prodotto un farmaco che possa essere autorizzato al di fuori delle fasi sperimentali e dunque, almeno per il momento, non ci sono rimedi di carattere farmacologico.
Come verificare la trasmissione al bambino?
La trasmissione al bambino può essere verificata con amniocentesi, da svolgersi però non prima della 21esima settimana. Si tratta di un test che non viene sempre consigliato in quanto, a conti fatti, l’incidenza statistica delle infezioni trasmesse poi al feto è estremamente bassa e spesso non conveniente se soppesata anche con i rischi e i disagi dell’esame dell’amniocentesi.
Condividi su: