Attraverso le analisi del sangue è possibile ad oggi andare a misurare tantissimi parametri che possono essere utili per andare a formare un quadro clinico completo oppure possono essere dei veri e propri esami diagnostici. Oggi parleremo di uno di questi parametri: il tempo di protrombina (INR).
Che indica questo valore? A cosa serve andare a valutare questo parametro del sangue? Quando vengono prescritte queste analisi? Quali sono i valori di riferimento per questo esame? Cosa succede se il risultato riporta un valore eccessivamente alto o basso?
Vediamo di rispondere a tutte queste domande.
In questo articolo parliamo di:
- Che cos’è la protrombina?
- Che cos’è il tempo di protrombina (INR)?
- Quando viene prescritto l’esame?
- Come funziona l’esame per valutare il tempo di protrombina? Quali sono i valori di riferimento?
- Ci sono dei fattori che possono influenzare l’esito dell’esame?
- Cosa succede quando i risultati riportano valori troppo alti?
- Cosa succede quando i risultati riportano valori troppo bassi?
Che cos’è la protrombina?
La protrombina è una sostanza che si trova nel nostro organismo e fa parte della classe delle proteasi a serina. In ambito medico è conosciuta anche come Fattore II della coagulazione ed è deputata ad entrare in azione quando si presentano determinati danni ai vasi sanguigni.
Anche se questa sostanza così importante si trova generalmente nel sangue, quindi, sotto forma solubile, essa viene prodotta da uno degli organi più importanti che abbiamo, ossia il fegato.
Che cos’è il tempo di protrombina (INR)?
Quando parliamo di tempo di protrombina (siglato PT), ci riferiamo ad uno specifico esame del sangue che ci permette di andare a misurare il livello di rapidità con cui il sangue è in grado di coagulare.
Come tutti saprete la coagulazione avviene in seguito ad una lesione dei tessuti nella quale avviene il sanguinamento. Il processo di coagulazione consiste proprio nell’intervento simultaneo di diverse sostanze chimiche per andare a fermare il sanguinamento.
Tra le sostanze chimiche che prendono parte alla coagulazione c’è anche la protrombina che, in questi casi, si trasforma in trombina. L’esame del sangue di cui parleremo in questo articolo prevede di andare a misurare proprio la quantità di tempo che viene impiegata affinché avvenga questo meccanismo.
In sede di laboratorio ci sono due diverse modalità per misurare i risultati di questo tipo di esame, ossia:
- Il tempo di protrombina come rapporto: il risultato consiste in un numero chiamato INR (ossia rapporto internazionale normalizzato) che deriva da una formula in grado di restituire l’esito indipendentemente dal laboratorio in cui si eseguono le analisi. In pratica i risultati possono essere tranquillamente confrontati perché sono stati normalizzati. Questa modalità viene utilizzata esclusivamente nei casi in cui i pazienti assumono determinati farmaci anticoagulanti per via orale (ad esempio il Coumadin®);
- Il tempo di protrombina in secondi: è proprio il tempo necessario al sangue per poter coagulare. In questo caso i risultati sono molto più variabili rispetto alla modalità INR perché ogni laboratorio può utilizzare una diversa metodica per testare il campione di sangue.
Quando viene prescritto l’esame?
Questo tipo di esame del sangue viene prescritto dal medico curante in determinati casi, i più frequenti sono i seguenti:
- Quando il medico sospetta che il paziente sia affetto da un disturbo della coagulazione sanguigna;
- Quando il paziente sta seguendo una terapia a base di farmaci che hanno lo scopo di aumentare la fluidità ematica (ad esempio il warfarin) dovrà fare questo esame in modo regolare per vedere se il farmaco è efficace, ossia se sta svolgendo il suo lavoro di prevenire la formazioni di trombi;
- Quando il medico sospetta che il paziente sia affetto da qualche patologia epatica, ossia che coinvolge il funzionamento del fegato;
- Prima di sottoporre il paziente ad un intervento chirurgico, in modo tale da diagnosticare eventuali problemi della coagulazione che fino a quel punto erano sconosciuti.
Come funziona l’esame per valutare il tempo di protrombina? Quali sono i valori di riferimento?
Spesso e volentieri, prima di fare un’analisi del sangue, ci viene consigliato di seguire un digiuno notturno di almeno 8 ore, ma non è questo il caso.
L’unica preparazione da seguire prima di fare questo test è di sottoporsi al prelievo prima di prendere eventuali farmaci anticoagulanti, solo se il paziente è in terapia anticoagulante.
L’interpretazione dell’esame, ovviamente, avviene in base ai valori che ne derivano, ossia:
- Valore alto: la coagulazione dell’individuo è troppo lenta, di conseguenza si è a rischio emorragia;
- Valore basso: la coagulazione dell’individuo è troppo veloce e potrebbe essere necessario assumere dei farmaci appositi per evitare che si formino dei coaguli.
Per quanto riguarda i valori di riferimento di INR (ossia per l’esame che risulta utile per il monitoraggio di pazienti che assumono anticoagulanti) dovrebbero essere compresi tra 0,8 e 1,3.
Più in generale, i valori normali del semplice tempo di protrombina (PT) devono rimanere tra i 9,4 e i 13,9 secondi.
Tuttavia ricordate che questi valori possono subire delle variazioni in base al caso specifico ma soprattutto in base al laboratorio a cui ci si riferisce.
Passiamo ora ad approfondire quali sono i fattori che possono influenzare l’esame e cosa indica un valore alto o basso del tempo di protrombina.
Ci sono dei fattori che possono influenzare l’esito dell’esame?
Come avrete già immaginato dai paragrafi precedenti, uno dei fattori più comuni che possono influenzare l’esito dell’esame in questione è l’assunzione di farmaci specifici, come il Coumadin® o la pillola anticoncezionale.
Tuttavia ci sono altri fattori che possono apportare delle modifiche ai risultati di queste analisi del sangue. Tra i più frequenti ricordiamo soprattutto i seguenti:
- Paziente che segue una dieta ricca di grassi;
- Episodi di diarrea e vomito poco tempo prima di fare l’esame;
- L’assunzione di bevande alcoliche;
- Assunzione di anticoagulante in concomitanza con l’eparina.
Di conseguenza vi consigliamo di avvisare sempre il vostro medico o il personale di laboratorio se uno dei fattori citati è presente prima di sottoporvi all’esame del tempo di protrombina.
Cosa succede quando i risultati riportano valori troppo alti?
Come abbiamo brevemente accennato in precedenza, valori troppo alti di INR indicano che la coagulazione del soggetto è troppo lenta rispetto alla norma.
Questa situazione potrebbe essere determinata dai seguenti fattori e patologie:
- Ittero;
- Dosi eccessivamente alte di farmaci anticoagulanti;
- Problemi a livello epatico;
- Sindrome emorragica del neonato;
- Ipofibrinogenemia;
- Leucemia;
- Malassorbimento;
- Carenza di vitamina K;
- Deficit ai fattori di coagulazione ematica;
- Epatite;
- Intossicazione da Aspirina;
- Insufficienza intravascolare;
- Insufficienza cardiaca;
- Ostruzione biliare;
- Tumore al pancreas;
- Sindrome da shock tossico;
- Presenza di alcuni inibitori della coagulazione;
- Pancreatite;
- Sindrome da antifosfolipidi.
Cosa succede quando i risultati riportano valori troppo bassi?
Se, invece, i valori dell’INR sono eccessivamente bassi, significa che la coagulazione del sangue del paziente avviene troppo rapidamente. Di conseguenza, il rischio maggiore è sicuramente quello di sviluppare dei coaguli quando non ce ne sarebbe bisogno, provocando l’ostruzione dei vasi sanguigni.
I valori troppo bassi di INR potrebbero invece essere determinati dal fatto che il paziente segue una dieta ad alto contenuto di vitamina K. Gli alimenti che contengono questa vitamina ad alte quantità sono soprattutto i seguenti:
- Tè verde;
- Broccoli;
- Cime di rapa;
- Ceci;
- Semi di soia;
- Fegato;
- Cavoli.
Infine, bassi livelli del tempo di protrombina potrebbero essere determinati anche dall’assunzione della pillola anticoncezionale o dai farmaci che vengono prescritti per una terapia ormonale sostitutiva.
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