I vaccini sono preparati biologici creati appositamente per la prevenzione delle patologie infettive.
Possono essere costituiti da microrganismi attenuati o uccisi, antigeni derivati dai microrganismi, sostanze prodotte dai microrganismi e rese sicure (come il tossoide tetanico) o proteine ottenute tramite ingegneria genetica.
Di solito, oltre alla componente immunogenica, responsabile dell’evocazione della risposta immunitaria, i vaccini sono sempre formati di base da una soluzione salina sterile, adiuvanti per potenziare la risposta immunitaria, conservanti o antibiotici per evitare contaminazioni e stabilizzanti per mantenere le proprietà del vaccino durante lo stoccaggio.
In questo articolo parliamo di:
- Tipologie di vaccini: quanti ne esistono? Che differenze ci sono?
- Come funzionano i vaccini?
- Richiami, profilassi e post-esposizione
- Un nuovo studio dell’Oregon Health & Science University pone le basi per una nuova strategia vaccinale contro l’influenza stagionale.
- Quali risultati sono stati ottenuti dalla sperimentazione?
- Quale approccio è stato usato per lo sviluppo di questo vaccino?
- Il ruolo delle cellule T effettrici della memoria
- Quali sono stati i risultati dei test?
- Fonti
Tipologie di vaccini: quanti ne esistono? Che differenze ci sono?
- Vaccini vivi attenuati: Questi tipi di vaccini sono prodotti grazie all’utilizzo di agenti infettivi resi in seguito incapaci di evocare un’infezione. Esempi sono il vaccino del morbillo, della rosolia, ma anche quello usato per la prevenzione della varicella, della parotite e della febbre gialla.
- Vaccini inattivati: Sono prodotti a partire da virus o batteri uccisi tramite calore o sostanze chimiche. Esempi di vaccini che usano questo approccio sono quelli usati contro l’epatite A, la poliomielite e il vaccino antinfluenzale.
- Vaccini ad antigeni purificati: Questi vaccini, tra cui troviamo quello per la pertosse, il vaccino antimeningococco e antinfluenzale a sub-unità, vengono prodotti tramite tecniche di purificazione delle componenti batteriche o virali.
- Vaccini ad anatossine: Utilizzati per tetano e difterite, sono realizzati con molecole provenienti dall’agente infettivo che, pur non causando malattia, attivano le difese immunitarie.
- Vaccini proteici ricombinanti: Utilizzati per epatite B e meningococco B, sono prodotti tramite tecnologia del DNA ricombinante, inserendo il materiale genetico codificante l’antigene in microrganismi che lo producono, per poi essere raccolto e purificato.
Come funzionano i vaccini?
I vaccini hanno il compito di istruire il sistema immunitario a riconoscere un determinato antigene espresso da un patogeno in modo che nel caso di un’esposizione al medesimo agenti infettivo, l’organismo abbia già pronte le difese da usare contro di esso.
Questo processo avviene grazie a un fenomeno che viene definito “memoria immunologica”, ossia la capacità del sistema immunitario di ricordare eventi di esposizione passata a patogeni.
Senza la protezione offerta dai vaccini, il corpo può impiegare fino a due settimane per produrre abbastanza anticorpi, un periodo durante il quale l’invasore può causare danni.
Richiami, profilassi e post-esposizione
Molte vaccinazioni richiedono dei richiami periodici. I richiami sono somministrazioni ripetute nel tempo che servono per “consolidare” la memoria immunologica.
Sebbene il vaccino sia uno strumento di prevenzione delle infezioni, in alcuni casi questo può essere somministrato anche dopo l’esposizione al patogeno.
Un esempio di questo tipo può essere il vaccino contro la rabbia che viene somministrato dopo il morso o il contatto con un animale potenzialmente rabbico.
Anche i vaccini contro morbillo e varicella possono essere efficaci se somministrati entro specifici periodi post-esposizione.
Un nuovo studio dell’Oregon Health & Science University pone le basi per una nuova strategia vaccinale contro l’influenza stagionale.
Il virus dell’influenza, a causa di particolari caratteristiche del suo genoma, muta drasticamente ogni anno; pertanto, la composizione del vaccino antinfluenzale deve essere aggiornata stagionalmente sulla base delle indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità cui ceppi previsti in circolazione durante il periodo invernale.
Uno studio condotto dall’Oregon Health & Science University (OHSU) ha rivelato un approccio innovativo per sviluppare un vaccino antinfluenzale universale, capace di fornire un’immunità duratura contro un virus in continua evoluzione.
I risultati di questa ricerca sono stati pubblicati sulla rivista Nature Communications. Lo studio ha dimostrato che il vaccino riesce a indurre una risposta molto forte nei primati non umani che sono esposti al virus dell’influenza aviaria H5N1.
L’aspetto sorprendente è che la struttura del vaccino non si basava sul virus H5N1 in circolazione in quel momento, ma sul virione influenzale del 1918, noto per aver causato una delle pandemie più dilanianti della Storia.
Quali risultati sono stati ottenuti dalla sperimentazione?
Jonah Sacha, autore senior dello studio, ha dichiarato: “È entusiasmante perché di solito la ricerca scientifica avanza molto gradualmente, con risultati concreti dopo decenni. Questo invece potrebbe tradursi in un vaccino in cinque anni o meno”.
Dei 11 primati non umani vaccinati contro il virus del 1918, sei sono sopravvissuti all’esposizione all’H5N1, uno dei virus più letali al mondo. Al contrario, tutti i sei primati non vaccinati sono morti. Sacha ha espresso ottimismo sul fatto che questa piattaforma vaccinale possa essere efficace anche contro altri virus mutanti, come il SARS-CoV-2.
Quale approccio è stato usato per lo sviluppo di questo vaccino?
L’approccio introdotto in questa sperimentazione utilizza una tecnologia vaccinale precedentemente sviluppata per combattere l’HIV e la tubercolosi.
Il metodo consiste nell’inserimento di frammenti molecolari del patogeno bersaglio all’interno del virus dell’herpes citomegalovirus (CMV), che generalmente causa sintomi lievi o assenti. Questo virus agisce come vettore, stimolando una risposta immunitaria dalle cellule T del corpo.
A differenza dei vaccini tradizionali, che mirano a generare una risposta anticorpale contro le versioni più recenti del virus, questo approccio si concentra sulle proteine strutturali interne del virus, che rimangono stabili nel tempo.
Il ruolo delle cellule T effettrici della memoria
Le proteine spike sulla superficie del virus mutano per sfuggire agli anticorpi, rendendo i vaccini tradizionali meno efficaci nel tempo. Tuttavia, un tipo particolare di cellula T nei polmoni, chiamata cellula T effettrice della memoria, prende di mira le proteine interne del virus, che restano inalterate.
Questa stabilità offre un bersaglio costante per le cellule T, che possono identificare e distruggere le cellule infette. I ricercatori hanno sviluppato un vaccino basato sul CMV utilizzando il virus del 1918 come modello.
Quali sono stati i risultati dei test?
In un laboratorio di biosicurezza presso l’Università di Pittsburgh, i ricercatori hanno esposto i primati non umani vaccinati con il virus del 1918 a particelle di aerosol contenenti l’H5N1.
Sei degli 11 primati vaccinati sono sopravvissuti, dimostrando l’efficacia del vaccino nonostante un secolo di evoluzione virale. “Ha funzionato perché la proteina interna del virus era così ben conservata,” spiega Sacha, aggiungendo che ciò potrebbe aprire la strada allo sviluppo di un vaccino protettivo contro l’H5N1 negli esseri umani.
Fonti
Nature Communications](https://www.nature.com/articles/s41467-024-50345-6
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