L’emicrania è una condizione neurologica complessa, riconosciuta come una delle principali cause di disabilità a livello globale. Questa forma di cefalea è caratterizzata da un dolore intenso e pulsante, solitamente localizzato su un solo lato della testa, che può irradiarsi alla fronte e alle tempie.
Oltre al dolore, gli attacchi possono essere accompagnati da nausea, vomito e da una forte sensibilità alla luce (fotofobia) e ai rumori (fonofobia). In molti casi, i pazienti trovano sollievo solo isolandosi in un ambiente buio e silenzioso.
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Gli episodi di emicrania possono durare da alcune ore a diversi giorni, e le loro manifestazioni possono variare significativamente da persona a persona. Alcuni pazienti, ad esempio, sperimentano segnali premonitori, come lampi di luce o sensazioni di formicolio agli arti, noti come “aura”, che possono comparire prima dell’attacco vero e proprio.
L’emicrania diventa cronica quando si verifica per almeno 15 giorni al mese per tre mesi consecutivi.
Secondo le stime più recenti, oltre un miliardo di persone nel mondo soffre di emicrania, e in Italia ne sono affette circa 8 milioni di persone, sia in forma episodica che cronica.
Le donne, soprattutto nella fascia d’età compresa tra i 15 e i 49 anni, sono tre volte più propense a soffrirne rispetto agli uomini, a causa dei cambiamenti ormonali che influenzano la predisposizione agli attacchi. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) classifica l’emicrania come la seconda malattia più disabilitante al mondo, subito dopo il mal di schiena, e la terza malattia più comune.
La sua presenza ha un impatto significativo sulla qualità della vita dei pazienti, in particolare per la capacità di interferire con le attività quotidiane e lavorative.
Molti pazienti vivono con la paura costante di un nuovo attacco, poiché il dolore e i sintomi correlati possono rendere impossibile svolgere le normali attività. Il 70% di chi soffre di emicrania riferisce di non essere in grado di portare a termine le attività lavorative o domestiche durante un attacco, e circa il 60% vive con l’ansia di un nuovo episodio.
Questa condizione rappresenta, quindi, non solo una sfida medica, ma anche un problema sociale che richiede un approccio sistemico, basato sia sulla diagnosi precoce che su una gestione efficace della malattia.
Cause e fattori scatenanti: quali sono?
Le cause esatte dell’emicrania non sono ancora del tutto chiare, anche se numerose ricerche hanno identificato diversi fattori che possono contribuire alla sua insorgenza.
Uno degli elementi chiave sembra essere una proteina, il peptide correlato al gene della calcitonina (CGRP), che gioca un ruolo centrale nel processo che provoca la dilatazione dei vasi sanguigni cerebrali e trasmette i segnali dolorosi al sistema nervoso.
Questa scoperta ha aperto nuove strade nella ricerca terapeutica, in particolare per lo sviluppo di farmaci che mirano a bloccare l’azione del CGRP.
Oltre ai fattori genetici, l’emicrania può essere scatenata da una serie di influenze esterne. Gli alimenti e le bevande, come il cioccolato, l’alcool (specialmente vino rosso) e i formaggi stagionati, sono stati associati all’insorgenza degli attacchi.
Anche fattori ambientali, come i cambiamenti climatici, lo stress e i disturbi del sonno, possono giocare un ruolo cruciale. Altri trigger includono l’uso di farmaci specifici, variazioni ormonali (come nel ciclo mestruale) e l’esposizione a luci forti o rumori intensi.
Sintomi e Diagnosi
I sintomi dell’emicrania si possono suddividere in due categorie principali: i segni premonitori e i sintomi che accompagnano l’attacco vero e proprio. Prima dell’inizio del dolore, i pazienti possono avvertire irritabilità, stitichezza, rigidità al collo e un aumento dell’appetito.
Nei casi di emicrania con aura, i pazienti sperimentano disturbi visivi come lampi di luce o visione offuscata, sensazioni di formicolio agli arti, e talvolta difficoltà nel parlare.
Durante l’attacco, il dolore è solitamente localizzato in un solo lato della testa, è pulsante e può peggiorare con l’attività fisica. I pazienti spesso soffrono di nausea, vomito, vertigini, sudorazione e brividi.
La fotofobia e la fonofobia sono altri sintomi comuni, che costringono chi soffre di emicrania a cercare rifugio in ambienti tranquilli e poco illuminati. Dopo l’attacco, può seguire una fase di affaticamento e confusione, durante la quale il paziente si sente esausto e incapace di concentrarsi.
La diagnosi dell’emicrania si basa principalmente sull’anamnesi clinica del paziente, che deve descrivere con precisione la frequenza, l’intensità e le caratteristiche degli attacchi. In alcuni casi, può essere utile effettuare esami neurologici o imaging per escludere altre patologie.
Lo studio sui Triptani: una svolta nella terapia farmacologica?
Un recente studio condotto da un team di ricercatori dell’Università di Oxford, pubblicato sul British Medical Journal, ha messo in luce l’efficacia dei triptani come trattamento di prima linea per gli attacchi acuti di emicrania. Lo studio ha analizzato 137 ricerche precedenti, coinvolgendo un totale di 89.445 pazienti e confrontando l’efficacia di 17 farmaci utilizzati nel trattamento dell’emicrania.
I triptani, tra cui eletriptan, rizatriptan, sumatriptan e zolmitriptan, sono risultati i farmaci più efficaci nel ridurre il dolore e i sintomi associati all’attacco. Questi farmaci agiscono restringendo i vasi sanguigni cerebrali e inibendo il rilascio di sostanze chimiche che provocano dolore e infiammazione, come il CGRP.
Tra i triptani, l’eletriptan si è dimostrato il più efficace, seguito da rizatriptan, sumatriptan e zolmitriptan.
Un aspetto cruciale evidenziato nello studio è che i triptani non sono raccomandati per tutti i pazienti, in particolare per coloro che soffrono di problematiche cardiache. Tuttavia, per i pazienti che possono utilizzarli, rappresentano la migliore opzione farmacologica attualmente disponibile.
Gli autori dello studio hanno sottolineato che, sebbene esistano nuovi farmaci come lasmiditan, rimegepant e ubrogepant, questi non hanno dimostrato un’efficacia significativamente superiore rispetto ai trattamenti tradizionali come i triptani o anche rispetto a farmaci più comuni come il paracetamolo e gli antinfiammatori non steroidei (FANS).
Ci sono altre opzioni di trattamento e prevenzione?
Oltre ai triptani, esistono altre opzioni terapeutiche per il trattamento dell’emicrania. Gli anticorpi monoclonali, come Erenumab, Galcanezumab e Fremanezumab, sono farmaci che agiscono bloccando l’azione del CGRP, riducendo la frequenza e l’intensità degli attacchi.
Anche la tossina botulinica ha dimostrato una certa efficacia, specialmente nei pazienti con emicrania cronica, attraverso iniezioni mirate nelle aree della testa e del collo.
La gestione dell’emicrania, tuttavia, non si limita solo all’assunzione di farmaci. Ridurre i fattori scatenanti, come lo stress, l’alimentazione inadeguata e i disturbi del sonno, può contribuire a migliorare la qualità della vita dei pazienti. Mantenere uno stile di vita sano, con una dieta equilibrata, un’attività fisica regolare e un sonno adeguato, è fondamentale per prevenire e ridurre la frequenza degli attacchi.
L’emicrania è una patologia estremamente diffusa e disabilitante, che ha un impatto significativo sulla vita quotidiana di chi ne soffre. Le opzioni terapeutiche, come i triptani e gli anticorpi monoclonali, stanno offrendo nuove speranze ai pazienti, ma la gestione della malattia richiede un approccio olistico che includa la riduzione dei fattori scatenanti e uno stile di vita equilibrato.
Fonti
https://www.bmj.com/content/386/bmj-2024-080107
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