La bulimia, insieme all’anoressia, rientra in quei quadri patologici che prendono il nome di Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA). Questo tipo di disturbi portano il soggetto ad avere un’eccessiva attenzione verso il cibo e un completo coinvolgimento mentale sulle questioni alimentari.
A differenza dell’anoressia, in cui il paziente ha un’alterata percezione del proprio corpo, nella bulimia i soggetti hanno una percezione congrua e reale del proprio corpo. Il problema è, piuttosto, da imputare ad un conflitto psicologico che si insatura con il mondo esterno.
Un altro punto di distinzione della bulimia è il successo delle terapie e la prospettiva di guarigione, poiché le adeguate terapie farmacologiche e di supporto, se tempestive permettono, un buon decorso della malattia e la possibilità di cura.
Detto ciò, prima di passare ad illustrare le caratteristiche della bulimia è doveroso chiarire la pericolosità di questa malattia perché può portare a serie, se non irreversibili, conseguenze sullo stato di salute del soggetto colpito.
Si raccomanda di rivolgersi esclusivamente alle strutture specializzate nel trattamento dei disturbi del comportamento alimentare presenti sul territorio nazionale, chiedendo i riferimenti al proprio medico curante e si consiglia di diffidare fortemente dall’intraprendere iniziative sulla base di articoli od opinioni trovati su internet.
Chi è il paziente bulimico?
La bulimia è un disturbo più diffuso di quanto si possa pensare, colpisce circa il 4-5% della popolazione e si instaura soprattutto nei soggetti giovani (specie durante l’adolescenza e nei giovani adulti) con una netta prevalenza per il sesso femminile rispetto a quello maschile.
Ciò non significa che il sesso maschile ne sia immune, pertanto non bisogna scartare l’ipotesi a priori sulla base di proprie convinzioni personali e lo stesso discorso vale anche per l’età di insorgenza perché può interessare anche le persone più adulte.
La patologia si caratterizza per le abbuffate incontrollate di cibo a cui segue un forte senso di colpa, di schifo e di disagio per non essere riuscito a trattenersi tali da portare il soggetto a mettere in atto meccanismi di compensazione per eliminare ciò che ha ingerito, e questo provocandosi il vomito, assumendo farmaci lassativi o sottoponendosi ad estenuanti esercizi fisici. L’abbuffata, quindi, da un lato allevia il senso di ansia e di stress del paziente dal suo malessere, ma dall’altro infonde una sensazione di disagio e di schifo verso sé stesso.
Quante forme di bulimia esistono? Voltiamo pagina per scoprirlo.
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