Bulimia: la terapia
La bulimia ha una prognosi nettamente più favorevole rispetto all’anoressia, ma bisogna tenere conto comunque delle ripercussioni a carico dell’organismo, che possono essere gravi e talvolta irreversibili, così come delle ripercussioni psicologiche di questa malattia, che portano il soggetto a subire un’ingiustificata influenza del peso corporeo sulla propria autostima.
Il senso di colpa e di odio verso sé stessi portano poi all’isolamento sociale, all’instaurarsi di stati depressivi e talvolta ad ideare o a mettere in atto di meccanismi anticonservativi (suicidio).
Il rischio di suicidio è piuttosto alto (circa nel 2% dei casi) e la patologia ha di per sé un alto rischio di recidivare. Risulta fondamentale, quindi, ribadire ulteriormente che questo tipo di disturbi va trattato da centri appositi e medici specializzati.
Passiamo quindi ad illustrare le più comuni strategie terapeutiche adottate nei pazienti che soffrono di bulimia.
Le terapie vengono scelte in base al singolo caso e all’eventuale presenza di altre patologie, ma in genere sono di natura farmacologica e psicoterapeutica, quasi sempre associate per una maggiore efficacia.
Quanto ai farmaci risultano molto efficaci gli antidepressivi, ed in particolar modo la fluoxetina perché ha anche un effetto anti-bulimico. Tuttavia, uno degli svantaggi più evidenti dell’utilizzo di questo farmaco è che azione fino a che è somministrato, pertanto la sua assunzione potrebbe essere prolungata nel tempo.
Per quanto riguarda invece l’aspetto psicologico ci si avvale di differenti approcci psicoterapeutici, questo perché, è bene ricordarlo, la bulimia è un disturbo cronico-intermittente, per cui si hanno dei periodi di controllo che si alternano a periodi in cui la malattia è incontrollata, e questo è fortemente correlato a fattori di stress. Pertanto la psicoterapia va ad indagare su questo aspetto cercando di smontarne i meccanismi sottostanti il disturbo.
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