Battito cardiaco accelerato, crisi di ansia e comportamenti evitanti sono alcuni dei sintomi comuni che si presentano in chi ha una fobia, cioè la paura di qualcosa. Ma un conto è evitare i luoghi alti, ragni e insetti o gli aghi, un altro è cercare di non entrare in contatto con sostanze considerate chimiche. Questa particolare paura si chiama chemofobia e riguarda il terrore di avere a che fare con situazioni, oggetti, luoghi o sostanze che sono di sintesi chimica. Vediamo, più in dettaglio, in cosa consiste la chemofobia e come si può superare.
In questo articolo parliamo di:
Cos’è e quali sono i sintomi della chemofobia
Con il termine chemofobia si indica la paura di tutto quello che viene percepito come chimico e/o di sintesi. Sembra che il concetto sia nato nel 1962 con Rachel Carson che ha messo in relazione l’ambientalismo moderno con lo scetticismo nei confronti delle sostanze e dei prodotti di sintesi.
Ci sono persone, ad esempio, che fanno tutto il possibile per evitare il contatto con le sostanze chimiche nella vita quotidiana. Addirittura, secondo un’indagine dell’Institute for Environmental Decisions (IED) quasi il 40% degli intervistati vorrebbe vivere in un mondo in cui non esistono sostanze chimiche.
Come in tutte le fobie e le paure, i sentimenti che si generano sono di ansia e preoccupazione perché si percepisce l’oggetto della paura come una minaccia. Nel caso della chemofobia, si possono avere:
- ansia nel trovarsi in presenza di sostanze chimiche
- attacchi di panico o crisi d’ansia in situazioni in cui le sostanze chimiche sono presenti o si prevede che lo siano
- comportamenti di evitamento di situazioni che potrebbero coinvolgere sostanze chimiche, come negozi o ospedali
- sintomi fisici: battito cardiaco accelerato, sudorazione, tremori e respiro affannoso quando si è esposti a sostanze chimiche
- sensazione di impotenza o perdita di controllo
- pensieri ossessivi o incubi
- depressione e irritabilità.
Perchè scatta la paura delle sostanze chimiche
La chemofobia nasce da una preoccupazione legittima anche se, come afferma Valentina Domenici, docente di Chimica Fisica dell’Università di Pisa
“La diffidenza nei confronti della chimica è spesso associata ad una scarsa conoscenza delle sue implicazioni nel mondo reale e nella vita quotidiana”.
La chemofobia a volte deriva da esperienze negative accadute nella propria infanzia o da credenze acquisite dalle persone e dall’ambiente in cui si è cresciuti. Per altri la rapida diffusione di disinformazione e sensazionalismo nei media amplifica le preoccupazioni, portando a una percezione esagerata del pericolo. Man mano che le persone affrontano queste paure, il timore delle sostanze chimiche può trasformarsi in un ciclo di evitamento e ansia, che le fa sentire intrappolate.
E’ anche vero che l’industria chimica ha portato a situazioni critiche in termini di salute umana e ambientale. Ad esempio, il caso della talidomide che ha provocato la focomelia nei bambini o il disastro del Seveso che ha causato la nube di diossina. Questi eventi hanno contribuito negli anni a modificare e migliorare le procedure di sicurezza e di controllo, tuttavia la memoria storica insieme alla paura è rimasta.
Naturale vs chimico
La chemofobia porta non solo a temere le sostanze chimiche, ma anche a considerare (fino a volte a idealizzare) le sostanze naturali. Il paradigma che viene fuori è “chimico-cattivo”, “naturale-buono”. Questo parallelismo è estremamente semplicistico a fronte di una realtà molto complessa. Infatti, la cicuta, l’oleandro o l’aconito sono piante al cui interno hanno sostanze naturali, ma velenose se non addirittura letali. Dall’altra parte, il paracetamolo è una sostanza di sintesi che si usa per abbassare la febbre o limitare il dolore. Inoltre, in generale tutto ciò che ci circonda è “chimico”, costituito da atomi e molecole più o meno complesse. Per questo è importante tenere presente che la pericolosità di una sostanza chimica non dipende dal procedimento utilizzato per sintetizzarla, ma solo dalle sue caratteristiche intrinseche e dalla dose a cui si è esposti.
Esempio di chemofobia: il monossido di diidrogeno
Negli anni 10 del 2000 circa, su internet iniziava a girare la paura di una sostanza killer: il monossido di diidrogeno. Invisibile, inodore e insapore, presente in natura e negli alimenti, era stata avviata anche una campagna di raccolta firme per bandire la sostanza. Peccato che il monossido diidrogeno è il nome chimico secondo le regole IUPAC di nomenclatura dell’acqua. Nato come scherzo già negli anni’80 si è diffuso rapidamente arrivando a beffare persone di tutti i livelli, anche alcuni delegati della conferenza ONU del 2010 sui cambiamenti climatici.
Come superare la chemofobia
Il pregiudizio nei confronti della chimica che porta poi alla chemofobia non è facile da scardinare. Alla base è necessario ricostruire un rapporto di fiducia tra il mondo della chimica e gli utenti.
Da parte delle aziende e delle istituzioni è necessario:
- avere un linguaggio semplice e trasparente con il pubblico
- educazione alla scienza, alla ricerca delle fonti e alla complessità
- informare su nozioni base di tossicologia.
Chi soffre di chemofobia può trovare utile iniziare un percorso di terapia cognitivo-comportamentale e utilizzare, secondo il parere medico, prodotti che gestiscono la sintomatologia ansiosa. Infine, rivolgersi a esperti o enti ufficiali e verificare sempre le informazioni può aiutare a ridimensionare le proprie paure.
Fonti:
Tranceform psychology – Chemophobia