La cherofobia (anche detta “paura della felicità“) è una rara condizione psicologica che porta alcuni soggetti a sviluppare una forte paura nei confronti delle emozioni positive. Questo disturbo è ancora in fase di studio, tanto da non essere considerato una vera e propria patologia di natura psichiatrica.
Nei paragrafi successivi andremo ad analizzare le caratteristiche della “paura della felicità”, le sue possibili cause e in che modo è possibile guarire da questa condizione.
In questo articolo parliamo di:
Cherofobia: sintomi più frequenti
Il nome di questa condizione deriva dall’unione di due termini greci: “kairos” e “Phobia“. Il primo termine ha una traduzione peculiare, in quanto in greco antico era usato per indicare “il tempo giusto per fare una cosa” (fonte). Di conseguenza il termine cherofobia può tradursi come “paura del momento giusto” o “paura di sfruttare il momento giusto”.
Non trattandosi di un disturbo ancora classificato e presente nelle enciclopedie mediche, non esiste una sintomatologia comune. Moltissimi terapeuti tendono tuttavia a considerare i seguenti atteggiamenti come tipici della maggioranza dei pazienti cherofobici:
- Attacchi d’ansia durante eventi sociali considerati piacevoli;
- Rifiutare lavori prestigiosi che potrebbero cambiare la condizione economica;
- Rompere i rapporti con persone alle quali si è emotivamente legati;
- Non mostrare emozioni positive di fronte a persone a cui si è legati;
Questi sintomi hanno portato a ritenere la cherofobia come un disturbo dell’ansia che spinge gli individui a credere che la felicità o i cambiamenti positivi possano portare problemi di diversa natura. Più precisamente, è parere condiviso tra chi soffre di questo disturbo che gli eventi positivi possano:
- Farli apparire negativamente di fronte ad amici, parenti o colleghi di lavoro;
- Distoglierli da importanti traguardi lavorativi;
- Stravolgere completamente le proprie abitudini quotidiane;
- Renderli più deboli e impossibilitati a prendere decisioni forti;
Sul sito della rivista medica Journal of Cross-Cultural Psychology è presente una scala di valori creata per identificare la paura della felicità sulla base di uno studio che aveva preso in esame la percezione della felicità in 14 culture differenti. Questo strumento può aiutare a prendere coscienza di essere o meno cherofobici.
Le possibili cause della cherofobia
I terapeuti ritengono che le origini della cherofobia siano da ricercare in una serie di traumi legati spesso all’infanzia. Nello specifico ad alcuni attimi felici sono seguiti poi eventi spiacevoli e/o punizioni che il paziente correla direttamente al suo stato emotivo.
Letta in quest’ottica, la paura della felicità non è da intendere come timore di essere felici in senso stretto, quanto timore di essere puniti o andare incontro a una forte delusione o stato di infelicità. Si tratterebbe dunque di un meccanismo inconscio di autodifesa.
Sembrerebbero esistere alcuni individui che presentano un rischio maggiore di sviluppare questo disturbo, tra i quali troviamo:
- Persone con numerosi disturbi ossessivo compulsivi;
- Individui molto introversi;
- Persone troppo perfezioniste;
Bisogna però precisare che non sempre chi soffre di questi disturbo è riconoscibile in queste tre categorie. In generale anche le persone che sono nate e cresciute in ambienti in cui vige un forte integralismo di natura religiosa tendono a sviluppare la cherofobia. In determinate cultura infatti la felicità può essere vista come un peccato, il che alimenta la paura di subire una punizione di natura divina.
In particolare in molti paesi asiatici sono assai diffuse dottrine religiose incentrate sul concetto di Karma e sull’alternanza di eventi positivi e negativi dettati dalla felicità o l’infelicità dell’individuo.
Come si può trattare la cherofobia?
Per affrontare il proprio disturbo cherofobico il primo passo da fare è rivolgersi a un terapeuta al fine di comprendere la fonte del disagio.
Spesso il terapeuta cerca di aiutare il paziente nell’identificare la fonte di questo disagio, ossia il trauma che ha innescato nel paziente l’equivalenza “felicità=sofferenza“. Il percorso può anche articolarsi nel seguente modo:
- Terapia cognitivo-comportamentale: attraverso essa il paziente viene portato a riflettere riguardo i possibili cambiamenti da attuare;
- Tecniche di rilassamento: al fine si alleviare i sintomi maggiori del disturbo ansiogeno;
- Esposizione a eventi che possano innescare forti emozioni positive e dimostrare pertanto che la felicità non comporta fatti spiacevoli.
Cherofobia: alcuni falsi miti
Il falso mito più diffuso riguardante la cherofobia riguarda la sua classificazione. Infatti come già detto nei paragrafi precedenti, questo disturbo non è ancora classificato come una vera e propria malattia di natura psichiatrica, mentre moltissime persone tendono ad accostarla a patologie come la depressione.
L’erroneo accostamento con la depressione ha inevitabilmente indotto una serie di pregiudizi nei confronti della sintomatologia e nella percezione che molte persone nutrono di fronte a questa condizione. Non è affatto vero per esempio che un individuo cherofobico debba necessariamente essere introverso e triste agli occhi di chi lo conosce.
La canzone che ha acceso i riflettori sulla cherofobia
Se fino a pochi anni fa poteva esserci davvero poca attenzione verso la cherofobia, tutto è cambiato nel 2018, quando sul palco di XFactor la giovane Martina Attili di Roma, di soli 16 anni, ha portato la canzone inedita da lei scritta dal titolo “Cherofobia”, in cui la cantante racconta della sua condizione.
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