L’HIV è un retrovirus che appartiene al genere dei Lentivirus ed è in grado di causare l’AIDS, acronimo in lingua inglese della “Sindrome da immunodeficienza acquisita”.
Questa grave malattia consiste in un sostanziale indebolimento del sistema immunitario che porta alla mancanza di difese contro le infezioni. Si diventa quindi un facile bersaglio di molti altri virus e batteri e si è a rischio di contrarre alcuni tipi di tumore. L’indebolimento delle difese immunitarie è causato dal fatto che il virus HIV colpisce le cellule linfocitarie T CD4+ distruggendole. Queste cellule del nostro sistema immunitario, in condizioni normali, ci proteggono da molte malattie.
L’HIV ha una replicazione lenta che comporta il passaggio di molto tempo fra l’infezione del virus e la comparsa della malattia. Fra i due eventi possono passare anche molti anni (generalmente da 2 a 15 anni).
Si pensa che il primo contagio sia avvenuto in Africa quando il virus effettuò il salto di specie dai primati agli esseri umani. Soltanto nel 1981 la malattia compare nella letteratura scientifica.
Il simbolo della lotta all’AIDS è il fiocco rosso e la scoperta del virus è valsa il premio nobel per la medicina a Françoise Barré-Sinoussi, Harald zur Hausen e Luc Montagnier.
Vediamo insieme com’è fatto il virus, come agisce per portare all’AIDS, quali sono i sintomi e le malattie opportunistiche collegate, le cure attualmente utilizzate e l’aspettativa di vita dei sieropositivi.
In questo articolo parliamo di:
Com’è fatto e come agisce il virus dell’HIV
L’HIV è un virus che utilizza un doppio filamento positivo di RNA come materiale genetico ed è quindi un virus diploide. Il suo materiale genetico si trova protetto all’interno di un capside proteico di forma isometrica. Il capside è a sua volta contenuto all’interno di un pericapside. Il pericapside, l’involucro più esterno, è costituito da un doppio strato fosfolipidico che assomiglia alla membrana cellulare umana. Il pericapside espone sulla sua superficie esterna alcune proteine chiave per l’infezione delle cellule umane.
L’infezione avviene, infatti, attraverso il legame di una proteina del pericapside del virus ai recettori presenti sui linfociti T CD4+ del nostro sistema immunitario, che sono le cellule umane bersaglio del virus.
Una volta che il virus si è legato alla cellula bersaglio, alcune proteine presenti sul pericapside, chiamate proteine di fusione, mediano la fusione del pericapside con la membrana cellulare umana iniettando il contenuto all’interno della cellula.
Come ogni virus, l’HIV non è in grado di replicarsi e portare a termine il suo ciclo vitale da solo. Per replicarsi necessita di una cellula ospite da cui prendere in prestito tutto quello che non è presente nel suo ridotto genoma virale.
Il genoma dell’HIV contiene le informazioni per la produzione di diverse proteine virali. Le sequenze più degne di nota sono:
- pol: sequenza che codifica per la Retrotrascrittasi, un enzima che è in grado usare l’RNA virale come stampo per produrre una copia a doppio filamento di DNA, ma anche per la Integrasi, una proteina che riesce ad inserire il DNA virale, retrotrascritto, nel DNA umano.
- gag: codifica per le proteine strutturali del capside isometrico
- env: codifica per le glicoproteine del pericapside.
Una volta avvenuto il contatto, il virus cerca le cellule bersaglio nel sangue, vi si lega e inietta il suo materiale genetico nella cellula. L’apparato cellulare non riconosce l’RNA come esterno e lo traduce producendo di fatto anche la Retrotrascrittasi e l’Integrasi. L’RNA virale a questo punto viene copiato su un doppio filamento di DNA dalla Retrotrascrittasi ed entra nel nucleo. All’interno del nucleo viene integrato nel DNA umano dalla Integrasi. A questo punto può restare latente per anni, anche se a ogni replicazione della cellula umana le cellule figlie avranno anche il DNA virale.
Quando però il DNA virale viene trascritto, produce un mRNA che esce fuori dal nucleo e viene tradotto producendo tutti i componenti del virus. I componenti si assemblano in nuove particelle di HIV che fuoriescono per gemmazione e ne infettano altre. Quando inizia la replicazione è il momento in cui ci si ammala di AIDS perché vengono distrutti molti Linfociti T CD4+ (per effetti citotossici della replicazione virale). Si considera l’insorgere della malattia dell’AIDS quando la conta di queste cellule è inferiore a 200/μl o quando insorgono gravi infezioni causate dall’abbassamento delle difese immunitarie.
I sintomi dell’infezione da HIV
Subito dopo l’infezione da HIV si può essere completamente asintomatici o mostrare sintomi aspecifici lievi come febbre, mal di gola, stanchezza, tutti sintomi comuni a molte altre patologie virali poco gravi e di breve durata.
Quando il virus è ancora latente si definisce il paziente sieropositivo, ma non ancora malato di AIDS. In questa fase che, come detto in precedenza, può durare anche molti anni, i sintomi non ci sono o sono sempre gli stessi citati in precedenza e aspecifici (possono aggiungersi diarrea, placche alla gola, Herpes Zoster).
Quando invece l’AIDS si manifesta si contraggono diverse malattie anche molto gravi e quindi i sintomi coincidono con quelli delle infezioni che le provocano. Si tratta di infezioni opportunistiche che avvengono grazie al grave indebolimento del sistema immunitario.
Di seguito alcuni esempi di malattie che definiscono l’AIDS:
- Infezioni batteriche, multiple o ricorrenti
- Candidosi di bronchi, trachea, polmoni o esofago
- Tumore della cervice uterina
- Infezione da cytomegalovirus, compresa la retinite con perdita della vista
- Encefalopatia attribuita ad HIV
- Sarcoma di Kaposi
- Linfoma di Burkitt
- Polmoniti da herpes simplex o da Pneumocystis jirovecii/Pneumocystis carinii
- Setticemia da Salmonella (non tifoide), recidivante
- Toxoplasmosi cerebrale
- Sindrome da deperimento (wasting syndrome) causata da HIV
Come si contrae l’HIV
L’HIV è un virus che si trasmette con:
- rapporti sessuali non protetti con soggetti infetti,
- passaggio di sangue fra un individuo infetto e uno sano (ferite, trasfusioni, etc.),
- dalla madre al figlio attraverso il parto o l’allattamento al seno, se la madre non è sotto trattamento con farmaci antivirali
- raramente, attraverso il trapianto di organi.
Quando si viene contagiati, per un lasso di tempo che può durare alcune settimane, è possibile infettare gli altri e risultare negativi al test per l’HIV. Successivamente il test è l’unico modo di sapere se si è positivi e in tal caso si definisce il paziente sieropositivo.
Da qui inizia la fase di latenza che può durare anni e nella quale non si manifestano sintomi o se ne manifestano di lievi. Successivamente ci si ammala di AIDS e i sintomi sono quelli delle infezioni opportunistiche.
Trattamenti per i pazienti sieropositivi e aspettativa di vita
Al momento non esiste ancora un vaccino efficace e si effettua una terapia a base di farmaci anti-retrovirali.
Queste molecole impediscono il corretto funzionamento della Retrotrascrittasi virale che, come spiegato nel paragrafo “come è fatto l’HIV”, è fondamentale per la replicazione del virus.
La terapia funziona se i pazienti assumono i farmaci per un tempo superiore al 95% e in molti casi consente un nuovo aumento dei Linfociti T CD4+.
Nonostante questa terapia sia molto efficace e in grado di prolungare la vita dei pazienti di molti anni, non rappresenta una cura. La terapia anti-retrovirale serve a rallentare (e in alcuni casi fermare temporaneamente) la malattia e ridurre la presenza del virus nel sangue (carica virale).
Secondo quanto riportato durante The Conference on Retroviruses and Opportunistic Infections, tenutasi a marzo 2020, ad oggi l’aspettativa di vita di un paziente sieropositivo che accede al più presto e con un numero ancora alto di cellule CD4+ alla terapia retrovirale è pari a quella di un soggetto non infettato dal virus (sieronegativo). I ricercatori hanno determinato, però, che le persone sieropositive vivono con ulteriori problemi di salute e, in media, hanno gravi comorbilità 16 anni prima delle persone sieronegative.
Parallelamente alla terapia antiretrovirale, infatti, i pazienti devono essere curati anche per le infezioni opportunistiche che sopraggiungono con chemioprofilassi.
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