Malattie cardiovascolari nelle donne: tre biomarcatori in osservazione. La ricerca

Il legame tra salute delle donne e il rischio di malattie cardiovascolari è un argomento che si sta esplorando solo negli ultimi tempi.

Dalla ricerca per poi passare alla medicina di genere, bisogna tenere presente che alcune condizioni si presentano differentemente tra donne e uomini. Come ad esempio l’infarto, che nella popolazione femminile è nella maggior parte dei casi silente, cioè non presenta i classici campanelli di allarme. Ma una ricerca pubblicata recentemente, può essere di aiuto. Infatti, sembra che misurare tre biomarcatori del sangue potrebbe prevedere un eventuale evento cardiovascolare nei successivi 30 anni.

Ecco, quindi, più in dettaglio cosa ha valutato lo studio sulle malattie cardiovascolari nelle donne.

Non sottovalutare le malattie cardiovascolari nelle donne

Spesso la popolazione femminile si occupa di prevenzione riguardanti altre patologie come il rischio di cancro al seno e all’utero, lasciando da parte quella per infarto e ictus. Le malattie cardiovascolari sono un problema da affrontare per tutti, ma bisogna ricordare che sono la principale causa di morte tra le donne in tutto il mondo, e l’ictus è la terza causa più comune.
Nelle donne è più difficile diagnosticare l’infarto, ad esempio, dal momento che i sintomi possono essere diversi da quelli degli uomini, o possono non presentarsi con una probabilità maggiore di avere un infarto “silente”.
Come ha confermato Paul M. Ridker, direttore del Center for Cardiovascular Disease Prevention al Brigham and Women’s Hospital:

“Purtroppo, le malattie cardiache nelle donne continuano ad essere sottodiagnosticate e sottotrattate.”

Quali sono i tre biomarcatori da cercare nel sangue

Per questo Ridker, autore principale dello studio recentemente pubblicato sul New England Journal of Medicine, e il suo team hanno scoperto che misurare tre diversi biomarcatori biologici nel sangue può prevedere meglio il rischio di una donna di avere un importante evento cardiovascolare. In particolare nei successivi 30 anni rispetto alla misurazione di un solo biomarcatore. I ricercatori hanno analizzato i dati del Women’s Health Study, finanziato dai National Institutes of Health. Dal 1993, lo studio ha seguito donne professioniste della salute di età pari o superiore ai 45 anni.

L’obiettivo principale del Women’s Health Study era valutare il primo grande evento cardiovascolare di una partecipante, come un infarto, un ictus o la morte per problemi cardiaci.
I biomarcatori considerati sono stati:

  • proteina C-reattiva ad alta sensibilità (hsCRP), marker di infiammazione nelle arterie
  • lipoproteina a bassa densità, detto anche colesterolo “cattivo” (LDL- C)
  • lipoproteina(a), marker lipidico.

I risultati della ricerca

L’età media delle partecipanti al basale era di 54,7 anni. Durante il follow-up di 30 anni, si sono verificati 3.662 primi grandi eventi cardiovascolari. I livelli basali crescenti di proteina C-reattiva ad alta sensibilità (CRP), colesterolo LDL e lipoproteina(a) hanno tutti previsto i rischi a 30 anni.
Analizzando e confrontando i dati, la percentuale di rischio di avere un importante evento cardiovascolare aumentava fino a:

  • 70% nelle donne con i livelli più alti di hsCRP
  • 36% nelle donne con i livelli più alti di LDL-C
  • 33% nelle donne con i livelli più alti di Lp(a).

Gli scienziati hanno anche scoperto che le partecipanti allo studio con livelli elevati di tutti e tre i biomarcatori avevano una probabilità 2,6 volte maggiore di avere un grave evento cardiovascolare avverso e una probabilità 3,7 volte maggiore di avere un ictus nei successivi 30 anni.
Inoltre, la maggiore diffusione del rischio è stata ottenuta dove erano presenti tutti e tre i biomarcatori.

Il futuro della prevenzione delle malattie cardiovascolari nelle donne

Gli esperti sono rimasti sorpresi nel vedere che l’infiammazione valutata tramite hsCRP è associata a rischi a 30 anni di distanza. E Nicole Weinberg, cardiologa presso il Providence Saint John’s Health Center a Santa Monica, che non ha partecipato allo studio, ha commentato:

“la lipoproteina [a],non è solo un nuovo fattore di rischio per la malattia coronarica, ma anche per alcune malattie valvolari cardiache, ed è un test molto importante per le persone a rischio di qualsiasi tipo di condizione cardiovascolare”.

Ecco, quindi, come il nostro sistema immunitario può influenzare la malattia aterosclerotica. Inoltre, in una donna avere tutti e tre i biomarcatori elevati, aumenta in modo sostanziale di rischi cardiovascolari. Per questo, secondo gli studiosi sarebbe opportuno fare screening universali di questi tre biomarcatori.
Individuare in modo tempestivo le problematiche e le criticità attraverso gli screening permetterebbero di avviare le terapie subito, invece di aspettare che una donna arrivi alla fine dei 60 o ai 70 anni. Gli studiosi sostengono che bisognerebbe fare screening già nei 30 o 40 anni per avere il tempo necessario per introdurre terapie preventive, tra cui:

  • una dieta equilibrata;
  • esercizio fisico regolare;
  • la cessazione del fumo;
  • una terapia farmacologica, se necessaria.

Il punto centrale è riuscire ad affrontare il lungo termine e pensare ai rischi nell’arco della vita. Come sottolineano i ricercatori:

“Un set di tre esami del sangue facilmente ottenibili e a basso costo può aiutare molto i medici a trattare le questioni specifiche che mettono a rischio le loro pazienti donne”.

Fonti:

  • Inflammation, Cholesterol, Lipoprotein(a), and 30-Year Cardiovascular Outcomes in Women
    Paul M Ridker, M. Vinayaga Moorthy, et al.
    DOI: 10.1056/NEJMoa2405182
  • Medical News Today3 blood biomarkers predict higher risk of heart attack, stroke in women. 
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