Ha spiazzato tutti l’annuncio via Instagram della cantante Céline Dion che suo malgrado ha dovuto informare i fan del protrarsi del suo stop forzato. Di fatto la celebre cantante, che ha sempre amato condividere i suoi successi ma anche la sua vita con i milioni di fan in tutto il mondo, ha comunicato con un sofferto video social di dover rinviare il suo tour 2023 che in una delle sue tappe avrebbe toccato anche l’Italia.
La cantante, 54 anni compiuti lo scorso marzo, ha infatti annunciato di soffrire di un invalidante disordine neurologico, peraltro piuttosto raro. Si tratta della cosiddetta sindrome della persona rigida, in passato definita sindrome dell’uomo rigido, una malattia che colpisce in media un individuo su un milione e che provoca forti spasmi muscolari e un progressivo irrigidimento del corpo. Ad oggi, come ammette la stessa Céline Dion nel suo annuncio ai fan, il tour mondiale è spostato al 2024 nella speranza di poter recuperare per quanto possibile una condizione di vita accettabile che le permetta di esibirsi sul palco senza soffrire.
In questo articolo parliamo di:
Sindrome della persona rigida: cos’è
Come anticipato, la sindrome della persona rigida è un disturbo che coinvolge il sistema nervoso centrale. Nella maggioranza dei casi, i soggetti affetti da questa rara condizione presentano anticorpi contro l’acido glutammico decarbossilasi (GAD65), un enzima che a sua volta è implicato nella produzione di un neurotrasmettitore inibitorio, l’acido gamma-aminobutirrico (GABA).
Sono diverse le cause che possono scatenare la sindrome della persona rigida e di conseguenza i suoi sintomi ingravescenti. Il disturbo può essere causato da:
- Problema autoimmune;
- Patologia neoplastica;
- Avere forma idiopatica;
La forma più comune è quella autoimmune. In questo caso il corpo produce erroneamente anticorpi anti-GAD, ossia diretti contro l’enzima acido glutammico decarbossilasi. Il risultato è quasi sempre lo stesso: i neuroni che contengono l’enzima che produce il neurotrasmettitore inibitore GABA vengono colpiti da questi autoanticorpi che hanno origine nel corpo anteriore del midollo spinale. Spesso i pazienti con sindrome della persona rigida di tipo autoimmune soffrono di altre patologie anch’esse autoimmuni che divengono concause dell’esordio di questo disturbo come, ad esempio, diabete di tipo 1, vitiligine, anemia perniciosa e tiroidite.
L’enzima acido glutammico decarbossilasi (GAD65) è infatti presente anche nelle cellule beta del pancreas, responsabili della produzione di insulina. Andando a colpire le cellule in cui è presente l’enzima, gli autoanticorpi possono provocare l’insorgenza del diabete mellito di tipo 1.
Nel 1-2% dei casi, invece, la causa della sindrome è di tipo paraneoplastico, ossia si sviluppa come risposta immunitaria anomala in presenza di un tumore. È possibile distinguere con analisi di laboratorio se si tratti di questa particolare evenienza, in quanto troveremmo la presenza di particolari anticorpi (anti-amfifisina), non presenti nella forma autoimmune, e mancherebbero invece gli anticorpi anti-GAD. Questo tipo di ricerca anticorpale è effettuata per fare diagnosi differenziale e per svelare un eventuale tumore occulto precedentemente non diagnosticato, in quei casi in cui la sindrome neurologica funge da campanello d’allarme.
I tumori che possono causare la sindrome della persona rigida come sindrome paraneoplastica sono principalmente il cancro al seno, linfoma di Hodgkin, cancro renale, tumore della tiroide, cancro al colon oppure polmonare.
Sintomi della sindrome della persona rigida
Indipendente dalla causa scatenante della sindrome, questa complessa patologia si manifesta in tutti i casi con sintomi analoghi che comprendono:
- Rigidità muscolare;
- Ipertrofia muscolare;
- Spasmi che tendono a peggiorare nel tempo e che coinvolgono tronco e addome;
- Ulteriori spasmi (non sempre presenti) che interessano arti superiori e inferiori.
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Sindrome della persona rigida: diagnosi e cura
Ad un esame obiettivo, il soggetto affetto dalla sindrome della persona rigida è assolutamente normale, mostrando solo rigidità e ipertrofia muscolare. Oltre all’analisi dei sintomi, quindi, per una corretta diagnosi della malattia è opportuno utilizzare appositi test per la rilevazione degli anticorpi potenzialmente coinvolti, l’utilizzo dell’elettromiografia per analizzare l’attività elettrica muscolare e l’eventuale risposta ad uno dei farmaci più utilizzati per limitare i sintomi della malattia, il diazepam.
Il trattamento della sindrome si basa tuttavia su diversi protocolli da utilizzare a seconda della gravità dei sintomi di ciascun paziente e della risposta di questo alle varie possibili terapie di contenimento. Come anticipato poc’anzi, la terapia a base di diazepam si è dimostrata ad oggi quella solitamente più indicata ed efficace nella riduzione della rigidità muscolare.
Qualora il farmaco non sortisca gli effetti sperati, è possibile utilizzare il baclofen per via orale o intratecale. Anche la terapia con immunoglobuline EV ha spesso un buon riscontro e permette di alleviare in maniera significativa rigidità e spasmi fino ad un anno. Per i pazienti che dovessero non rispondere a questa terapia, è possibile optare per il rituximab (un anticorpo monoclonale che colpisce i linfociti B, diminuendoli e riducendo le attività anticorpali anomale) o la plasmaferesi. Per quanto riguarda i corticosteroidi, infine, il loro utilizzo per trattare la sindrome della persona rigida è piuttosto limitato. Sebbene possano in parte ridurre i sintomi più invalidanti della malattia, infatti, gli effetti avversi a lungo termine fanno di solito propendere per terapie alternative e più tollerate.
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