La tubercolosi è una patologia infettiva, causata da un batterio, il Mycobacterium tuberculosis, che colpisce maggiormente l’apparato respiratorio, ma che può coinvolgere anche altri distretti del corpo come i reni, il cervello e la colonna vertebrale (CDC). Non tutti quelli che si infettano si ammalano, ma quando ciò avviene la malattia tubercolare è particolarmente grave e può portare anche al decesso se non curata tempestivamente.
Nonostante i tempi moderni e la diffusione delle misure igieniche, la tubercolosi risulta ancora oggi una delle maggiori cause di morte, soprattutto per la larga diffusione nei paesi in via di sviluppo. Secondo il report globale dell’Organizzazione mondiale della Sanità, Si stima che nel 2020 circa 9,9 milioni di persone si siano ammalate di tubercolosi in tutto il mondo.
In questo articolo parliamo di:
Il Mycobacterium tuberculosis: la causa della tubercolosi
L’agente patogeno della tubercolosi è il Mycobacterium tuberculosis, facente parte del largo raggruppamento dei micobatteri.
I micobatteri sono caratterizzati da alcuni tratti specifici come:
- Acido-resistenza
- Parete cellulare contenente acidi micolici
La parete cellulare è ricca di lipidi, il che li rende resistenti agli acidi, ai detergenti e spesso anche agli antibiotici e alle difese immunitarie dell’ospite.
Mycobacterium tuberculosis è un patogeno intracellulare, ossia infetta l’organismo entrando letteralmente all’interno delle sue cellule.
Al momento dell’esposizione il batterio giunge nelle vie respiratorie, laddove penetrano negli alveoli polmonari. In sede polmonare i macrofagi, cellule del sistema immunitario, internalizzano i batteri tubercolari.
All’interno dei macrofagi, il batterio impedisce che egli stesso venga attaccato dalle sostanze chimiche normalmente usate per uccidere i patogeni rimanendo al suo interno.
In questo stato i batteri sono in grado di evadere la risposta immunitaria e replicarsi.
I macrofagi alveolari con i micobatteri intracellulari formano il nucleo centrale di una massa cellulare in necrosi che prende il nome di granuloma.
Talvolta il granuloma può circondarsi di una parete di fibrina che da una parte impedisce al sistema immunitario di raggiungere il sito infetto, dall’altra intacca la funzionalità del tessuto polmonare, che nelle zone con fibrina non permette lo scambio di gas tra il sangue e l’atmosfera.
Il risultato è un’infiammazione acuta a carico dei polmoni con riduzione della capacità respiratoria degli alveoli.
I batteri possono rimanere all’interno dei granulomi in stato quiescente, anche per molti anni, determinando la ricomparsa della malattia anche a distanza di molto tempo, per tutta la vita.
Le persone più a rischio di contrarre la tubercolosi sono coloro che sono caratterizzati da immunodeficienza; nella fattispecie le categorie più a rischio sono:
- Persone infette da HIV: i pazienti affetti da AIDS hanno un rischio di 20-30 volte maggiore di ammalarsi di tubercolosi. La combinazione delle due patologie è letale, inoltre la sovrainfezione tubercolare è la maggiore causa di morte in pazienti con infezione acuta da HIV
- Pazienti affetti da diabete, malnutrizione
- Neonati e bambini
- Persone anziane
- Tossicodipendenti
- Fumatori
- Pazienti che sono guariti da meno di due anni da infezione acuta
Modalità di contagio
La tubercolosi si trasmette per via area, attraverso le piccole gocce di saliva che una persona infetta può emettere parlando, tossendo o anche semplicemente respirando.
I batteri contenuti all’interno delle goccioline raggiungono gli alveoli polmonari laddove iniziano a moltiplicarsi. Dalla sede polmonare i batteri possono raggiungere altri distretti come il torrente circolatorio.
Segni e sintomi della tubercolosi
La manifestazione principale della tubercolosi è quella polmonare, che si presenta con i seguenti sintomi:
- Tosse, anche con sangue nell’espettorato, che dura 3 settimane o più
- Dolore toracico
- Febbre
- Sudorazione notturna
- Stanchezza
- Debolezza
- Perdita di peso
- Inappetenza
- Brividi
I sintomi possono essere lievi per mesi e quindi ritardare di molto la diagnosi.
Chi ha un’infezione da tubercolosi latente non ha alcun sintomo e non può contagiare gli altri (Fonte: CDC).
Diagnosi della tubercolosi
Le metodiche di diagnosi di tubercolosi sono principalmente cinque:
- Immunodiagnosi: antigeni tubercolari vengono inoculati nella cute del paziente. Se c’è positività, dopo 48 ore il paziente sviluppa una reazione di sensibilità alle molecole micobatteriche.
- Analisi dell’espettorato: un’aliquota di espettorato viene campionata dal paziente con sospetta tubercolosi. In laboratorio gli operatori colorano il campione con una metodica di colorazione apposita per micobatteri che prende il nome di colorazione di Ziehl-Nielsen che mette in risalto la presenza di micobatteri.
Il preparato, una volta sottoposto alla colorazione, viene osservato al microscopio grazie al quale si osserva la presenza eventuale del batterio tubercolare. - Metodi basati sull’amplificazione del DNA: la PCR è usata per la diagnosi della presenza del micobatterio nell’espettorato del paziente, grazie all’uso di primer diretti verso regioni specifiche del genoma del Mycobacterium tuberculosis.
- Coltura: l’isolamento dei micobatteri è complicato dal fatto che la maggior parte dei ceppi cresce lentamente e colonie possono essere nascoste dalla crescita di altri batteri a crescita più rapida. Tuttavia, sono stati sviluppati terreni liquidi adatti per la coltivazione dei micobatteri in modo più veloce, in grado di evidenziare una loro crescita già dopo una settimana di incubazione.
- Radiografia: una radiografia polmonare permette di evidenziare segni riconducibili alla presenza di lesioni polmonari e distruzione tissutale dovute alla presenza del micobatterio.
Le proprietà di crescita e la morfologia delle colonie possono essere usate per identificare le specie batteriche più comuni.
Le tecniche di diagnosi sopra illustrate vengono spesso portate avanti in modo sinergico in modo da fornire un dato diagnostico forte.
La rapidità della diagnosi è molto importante per poter iniziare prima possibile la terapia antibiotica e interrompere la catena di contagio.
Terapia contro la tubercolosi
Il trattamento farmacologico contro la tubercolosi si basa sull’uso di diversi antibiotici.
I micobatteri a lenta crescita sono resistenti alla maggior parte degli antibiotici normalmente usati per altre infezioni batteriche.
Inoltre, l’esposizione dei ceppi tubercolari a trattamenti antibiotici determina la selezione di forme resistenti che sono ancora più difficili da eradicare. Per questo motivo i pazienti in cura contro la tubercolosi devono sottoporsi a terapie antimicrobiche lunghe anche alcuni mesi in modo da scongiurare la comparsa di ceppi multi-farmaco resistenti.
Spesso accade che i pazienti non completino il ciclo di antibiotici dopo l’osservazione dei primi miglioramenti: questa è la situazione tipicamente associata allo sviluppo di ceppi resistenti. I pazienti devono essere redarguiti preventivamente sulla necessità di sostenere la terapia fino al termine prescritto dal medico.
A partire dagli anni 90′ del secolo scorso alcuni ceppi di Mycobacterium tuberculosis resistenti ai due principali farmaci indicati nella terapia di prima linea della tubercolosi, rifampicina e isionazide, hanno iniziato a diffondersi negli Stati Uniti, soprattutto nei pazienti affetti da HIV. La presenza di isolati batterici multi-farmaco resistenti è attualmente la principale fonte di preoccupazione per quanto riguarda le infezioni batteriche, tubercolosi compresa.
L’infezione causata da micobatteri resistenti va curata con farmaci di seconda linea, che tuttavia possono risultare nuovamente inefficaci nei casi più acuti.
Prevenzione della tubercolosi
Non tutte le persone che contraggono il micobatterio tubercolare sviluppano subito la malattia. Il batterio può rimanere quiescente per periodi molto lunghi, anche anni, determinando una situazione che prende il nome di infezione tubercolare latente. Secondo alcune fonti circa un quarto della popolazione mondiale è affetto da questa condizione.
I pazienti con infezione tubercolare latente sono sottoposti a cicli di antibiotici, nello specifico isionazide, al fine di bloccare la replicazione del batterio e impedire l’evoluzione del quadro clinico verso la forma acuta della patologia. In generale, precedentemente all’inizio del regime di chemioprofilassi, il paziente con sospetto di infezione latente deve sottoporsi al test immunodiagnostico per rilevare la presenza del micobatterio; nel caso di positività il medico può richiedere un’ulteriore indagine con radiografia per escludere una già avvenuta acutizzazione dell’infezione a livello polmonare. Il trattamento chemioprofilattico è particolarmente indicato per quei soggetti affetti da condizioni patologiche che espongono maggiormente allo sviluppo dell’infezione conclamata grave, come diabetici, immunodepressi, pazienti affetti da HIV e silicosi. Il regime di chemioprofilassi ha una durata minima di 6 mesi, esteso a 12 nei soggetti appartenenti alle categorie sopra enunciate. (www.salute.gov.it)
Attualmente esiste un vaccino per la prevenzione dell’infezione tubercolare, basato su cellule vive attenuate che è molto efficace nel prevenire le forme gravi della malattia nei bambini. La vaccinazione è somministrata nei bambini in paesi con elevata incidenza di tubercolosi.
Fonti
https://www.lungenliga.ch/uploads/tx_pubshop/Faktenblatt_Tuberkulose_Italienisch_01.pdf
https://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_615_allegato.pdf
Patrick R. Murray; Ken S. Rosenthal; Michael A. Pfaller “Microbiologia Medica” Edra
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