Ibernazione: è possibile tornare in vita? Cosa c’è da sapere

Tra realtà e fantascienza, l’ibernazione desta da sempre un certo interesse. Poter congelare il corpo umano per poi farlo rivivere è un ottimo espediente narrativo, ma con le attuali conoscenze in medicina, oggi, sarebbe davvero praticabile?

Da una parte già si utilizza l’ipotermia a scopo medico, ma è notizia di questi giorni che unaazienda svizzera ha avviato il progetto di criogenizzazione di corpi. La tecnica è considerata controversa, dal momento che per quanto adeguatamente possano venire conservati i corpi, non c’è garanzia che in futuro sarà disponibile una tecnologia per farli “rivivere”. Quindi, facciamo il punto su cosa sappiamo dell’ibernazione.

Ibernazione, il primo caso nel 1967

L’ibernazione, tecnica indicata anche con il nome di “crionica”, ha come obiettivo quello di estendere l’aspettativa di vita. La procedura, che prevede la perfusione di sostanze anti-ghiaccio per poi conservare a molti gradi sottozero il corpo, deve essere avviata entro mezz’ora dalla morte.
Il primo caso di ibernazione è datato 12 gennaio 1967, e fu Ames Bedford, un professore di psicologia del’università della California di 73 anni che per primo si sottopose alla procedura.
Da quel giorno sono state criopreservate circa 500 persone in tutto il mondo e sono migliaia in lista di attesa.
Oltre alla nuova azienda svizzera – la Tomorrow Biostasis – che offre il servizio di criogenizzazione, ci sono anche le americane Cryonics Institute e Alcor. Ma è presente anche la russa KrioRus.

Crioconservazione, ecco come funziona

Proprio il corpo di Bedford è conservato nelle strutture della Alcor Life Extension Foundation. All’inizio era stato conservato in un contenitore sotto vuoto e in azoto liquido, poi nel 1991 il corpo è stato trasferito dal contenitore originale in uno più avanzato, e con l’occasione il corpo è stato riesaminato. Secondo quanto riportato dagli esperti di Alcor che hanno effettuato il riesame esterno della salma, il corpo pare fosse in buono stato: “un maschio ben nutrito che appare più giovane dei suoi 73 anni”. Mentre, in Italia è stato Aldo Fusciardi, morto nel 2012, ad essere ibernato.

Ovviamente in cinquant’anni la tecnica di crioconservazione è cambiata molto. Nel caso di Bedford era stato usato il dimetilsolfossido.

Oggi, in generale, per poter ibernare un corpo è necessario:

  • Essere dichiarati legalmente morti, la crioconservazione da vivi non si può fare
  • Entro mezz’ora devono essere iniziate le procedure di stabilizzazione per il trasporto nei centri effettuato l’ibrnazione
  • Ripristino meccanicanico della ventilazione polmonare e afflusso di sangue al cervello
  • Il corpo è immerso in acqua gelida e trasportato per completare l’ibernazione
  • Il corpo viene perfuso con un liquido che impedisce la formazione di ghiaccio all’interno delle cellule e dei tessuti
  • Immersione in azoto liquido portato prima a -125°C e dopo 3 ore -196°C.

Non c’è garanzia di risvegliare i corpi congelati in futuro

Al momento non esistono tecniche che permettono di far rivivere i corpi che sono stati congelati post-mortem. Le aziende che effettuano il servizio di ibernazione conservano i corpi, con costi a carico dell’utente, confidando che in un ipotetico futuro sarà possibile farli “rivivere” mantenendo intatte le funzioni fisiche e cognitive. L’azienda Tomorrow Biostasi fa sapere che il costo per essere ibernati si aggira sui 200mila euro. Una scelta non per tutte le tasche e senza garanzie per il futuro.
Infatti, Maurizio Genuardi, direttore dell’Istituto di Medicina genomica dell’Università Cattolica di Roma e del Policlinico Gemelli di Roma, spiega:

“Non sappiamo come fare riprendere le funzionalità di un organismo congelato. Se infatti sappiamo congelare e risvegliare singole cellule, farlo con un organismo complesso è tutt’altra cosa. E anche se riuscissimo nell’intento di rianimarlo ignoriamo in quali condizioni potremmo “risvegliare” questa persona”.

Ipotermia terapeutica controllata, l’ambito medico dell’ibernazione

In medicina, lipotermia terpeutica controllata (detta anche cooling), una volta conosciuta con il nome di “ibernazione artificiale”, fa riferimento ad una procedura che abbassa la temperatura corporea al di sotto dei 35°C. Lo scopo è di preservare le cellule da eventuali danni e dalla morte derivanti da una condizione di ipossia. Per fare questo la temperatura corporea viene portata a 32-34°C con appositi cateteri o coperte di raffreddamento. Oppure con metodi più invasivi come la rapida infusione di Ringer o soluzione fisiologica a 4°C che  può essere combinata con una metodica di superficie. Altri metodi sono l’irrigazione vescicale ed i lavaggi gastrici con 300-500 ml di liquidi freddi ogni 10 minuti.
L’ipotermia terapeutica può essere impiegata nei casi:

Gli effetti collaterali più frequenti sono la mancanza di piastrine, disturbi della coagulazione del sangue e la bradicardia (diminuzione della normale frequenza cardiaca), motivo per cui vengono eseguiti gli accertamenti periodici.

Crioconservazione delle cellule a scopo medico e di ricerca

La crioconservazione è una tecnica di conservazione a lungo termine di qualsiasi materiale biologico, sia animale che vegetale. Si effettua stoccando il materiale alla temperatura dell’azoto liquido (−196°C), o dei suoi vapori (−150°C). Tale tipo di conservazione permette di mantenere la vitalità del materiale biologico per un periodo potenzialmente infinito.
La crioconservazione viene utilizzata in ambito medico e di ricerca anche per conservare cellule tra cui linee cellulari, cellule staminali, liquidi biologici. Infatti, viene utilizzata per la conservazione di ovociti e spermatozoi, ma anche tessuti come il midollo osseo.

Fonti:
Corriere della sera – L’ibernazione arriva in Europa
Corriere della sera – Ibernazione

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