Ieri ricorreva il 118° anniversario della morte di Angelo Maffucci, un medico italiano che verso la fine del XIX secolo portò avanti alcuni importanti studi sugli agenti patogeni della tubercolosi e sulla sindrome scheletrica e cutanea che porta il suo nome.
Vediamo quali furono gli eventi più significativi della vita di Maffucci e quale contributo apportarono i suoi studi sulla tubercolosi e la definizione della sindrome di Maffucci.
In questo articolo parliamo di:
La vita di Angelo Maffucci
Angelo Maria Maffucci nacque il 27 ottobre 1847 a Calitri (Avellino) e all’inizio degli anni ’70 del XIX secolo iniziò a esercitare la professione di medico, prima a Napoli e poi nel suo paese natale, seppur per meno di due anni.
Attorno al 1880 il medico descrisse la manifestazione clinica della sindrome che porta il suo nome. In qualità di anatomopatologo, condusse molti studi e attività di ricerca su alcune delle malattie più diffuse all’epoca, quali ad esempio la sifilide, il tumore al fegato, la setticemia carbonchiosa, il sarcoma intestinale e in particolare la tubercolosi, l’infezione batterica delle vie aeree inferiore che nel XIX secolo determinava il decesso di milioni di persone ogni anno.
In ambito accademico Angelo Maffucci insegnò per gran parte della sua vita all’Università di Pisa, ateneo presso il quale ricoprì la cattedra di patologia. Morì il 24 novembre 1903 proprio a Pisa meno di un mese dopo il suo cinquantaseiesimo compleanno.
Gli studi sui batteri della tubercolosi
Maffucci è ancora oggi ricordato per i suoi studi sulla tubercolosi, che rimane ancora oggi una malattia mortale e pericolosa per le popolazioni delle zone più povere del pianeta.
La tubercolosi è una malattia infettiva cronica causata da diversi micobatteri che si trasmettono per via aerobica tra esseri umani (Mycobacterium tuberculosis, noto anche come Bacillo di Koch) o mediante il contatto con specie animali infette, specialmente bovini (portatori del Mycobacterium bovis o del Mycobacterium caprae).
Maffucci fu il primo a isolare l’agente patogeno della tubercolosi aviaria e ne descrisse le peculiarità rispetto ai patogeni della variante umana e bovina. Ancor prima della scoperta dello scienziato tedesco Koch della tubercolina, Maffucci riuscì a indurre uno stato marantico negli animali da esperimento, mediante l’inoculazione di prodotti tubercolari sterili (fonte).
All’inizio degli anni ’90 del XIX Maffucci si guadagnò l’attenzione della comunità scientifica europea grazie al suo sostegno della teoria dell’eredoimmunità della tubercolosi, la quale afferma che la progenie di pazienti con Tbc sia maggiormente resistente all’infezione (fonte).
Sindrome di Maffucci: caratteristiche principali
Angelo Maffucci diede il proprio nome anche a una forma molto rara di osteocondrodisplasia, termine con cui si indicano i disordini dello sviluppo di cartilagine e ossa.
La sindrome di Maffucci si manifesta tra il primo e il quinto anno di vita e nel 25% dei casi il bambino colpito manifesta i sintomi già alla nascita o comunque entro i primi 12 mesi di vita. I pazienti presentano molteplici formazioni tumorali benigne nelle ossa (encondromi) e nei vasi sanguigni (emangiomi). Lo vistosa crescita dei primi può determinare malformazioni ossee d’importanza notevole, mentre la rottura degli emangiomi può determinare emorragie anche pericolose. In alcuni casi si è osservata anche la comparsa di linfoangiomi (malformazioni dei vasi linfatici di natura non tumorale) in pazienti con diagnosi di sindrome di Maffucci. Circa il 30-40% dei tumori ossei benigni possono divenire condrosarcomi, neoplasie ossee maligne rare con una percentuale di sopravvivenza non molto alta: poco più del 25% a cinque anni in caso di forme molto aggressive.
In letteratura si contano meno di 300 casi di sindrome di Maffucci e non sembra esserci una maggiore incidenza tra i due sessi o tra diverse etnie. La malattia è stata associata alla mutazione somatica dei geni IDH1 e IDH2 (presente in una percentuale fino all’87% degli encondromi nelle sindromi di Ollier e sindrome di Maffucci), che codificano per gli enzimi isocitrato deidrogenasi, ma al momento non è ancora chiaro il meccanismo che porta alla formazione di encondromi e neoplasie.
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