SARS2-38: cos’è l’anticorpo che neutralizza tutte le varianti COVID-19 (inclusa la Delta)

Contro le varianti COVID-19 potrebbe essere disponibile una nuova arma. Sembrerebbe infatti che gli studiosi della Washington University School of Medicine di St. Louis abbiano individuato un nuovo anticorpo capace di neutralizzare tutte le varianti conosciute del coronavirus SARS-CoV-2.

L’anticorpo in questione prende il nome di SARS2-38, ma ci teniamo a specificare subito che i risultati dello studio svolto su di esso sono disponibili solo in versione preprint, ossia lo studio è ancora in attesa di revisione di altri scienziati chiamati a verificarne l’affidabilità, come avviene per tutti gli studi scientifici pubblicati su riviste peer-reviewed. Cosa si conosce fino ad ora di questo nuovo anticorpo e quali possono essere gli enormi passi avanti nella lotta alla COVID-19 se questa terapia dovesse prendere piede?

Anticorpi Monoclonali: cosa sono e per cosa si utilizzano

Prima di parlare nello specifico del nuovo anticorpo contro le varianti COVID-19, è doveroso dedicare un paragrafo di approfondimento nei confronti degli anticorpi monoclonali.

Con questo termine si designano dei particolari anticorpi prodotti in laboratorio mediante tecniche di DNA ricombinante partendo da una singola cellula del sistema immunitario. Rispetto agli anticorpi comuni (policlonali), i monoclonali possono identificare un solo antigene specifico di un agente patogeno. Così facendo è possibile ottenere una risposta immunitaria specifica e mirata nei confronti di:

  • Virus;
  • Batteri;
  • Tossine;
  • Mediatori chimici;
  • Cellule neoplastiche;

Ne segue che gli anticorpi monoclonali trovano il loro utilizzo anche nell’oncologia: laddove si identifichi un antigene espresso solo sulle cellule tumorali, è possibile  ottenere con gli anticorpi monoclonali verso quell’antigene un’azione mirata contro le cellule maligne, risparmiando quelle sane. Gli anticorpi monoclonali possono anche essere utilizzati a fini diagnostici per rilevare la presenza e i livelli di determinate proteine o marker tumorali. Gli anticorpi monoclonali possono essere classificati nel seguente modo:

  • Anticorpi monoclonali non coniugati (detti anche “nudi“): sono costituiti dal semplice anticorpo che svolge la sua funzione di riconoscere e legarsi all’antigene prefissato. Sarà poi il sistema immunitario del paziente a riconoscere le cellule segnalate dagli anticorpi e a indurne la morte cellulare;
  • Anticorpi monoclonali coniugati: sono anticorpi che hanno legati farmaci o isotopi radioattivi e sfruttano la capacità dell’anticorpo di riconoscere lo specifico antigene per trasportare come un cavallo di Troia sulle cellule tumorali farmaci o sostanze radioattive che inducono la morte cellulare.

Un’ulteriore classificazione tra anticorpi monoclonali può essere eseguita in funzione della loro azione sull’organismo:

  • Immunodepressivi: si utilizzano per il trattamento di patologie autoimmuni e per prevenire il rigetto a seguito di un trapianto di organi. Hanno come target i linfociti B e T, oltreché alcune proteine necessarie alla loro attivazione;
  • Antitumorali: sono anticorpi che possono avere diversi target, come le proteine che stimolano la proliferazione o l’angiogenesi specifiche del tumore o quelle molecole che sono iperespresse da cellule tumorali di un determinato tipo;
  • Antinfiammatori: hanno come target il TNF-α umano (anche detto “fattore di necrosi tumorale“), una citochina coinvolta nei processi di infiammazione sistemica;

Gli anticorpi monoclonali contro SARS-Cov-2

Gli anticorpi monoclonali rappresentano una buona arma per il trattamento contro determinate patologie, sebbene abbiano come svantaggio gli elevati costi di produzione. Da inizio 2020 si è pensato agli anticorpi monoclonali per combattere la COVID-19 e attualmente sono impiegati anche in Italia come terapie di emergenza. I principi attivi al momento autorizzati in Italia sono:

  • Bamlanivimab;
  • Etesevimab;
  • Casirivimab;
  • Imdevimab;
  • Sotrovimab;

Anche gli anticorpi sono soggetti a monitoraggio periodico da parte dell’AIFA (il ventunesimo report AIFA è consultabile qui).

Come si è svolta la sperimentazione sul nuovo anticorpo contro le varianti COVID-19?

Com’è ormai noto, il coronavirus responsabile della COVID-19 riesce a penetrare le cellule delle pareti polmonari grazie alla proteina Spike. Gli anticorpi monoclonali in grado di neutralizzare tale proteina impediscono di fatto al virus di replicarsi come normalmente farebbe, prevenendo le forme gravi di COVID-19.

Le diverse mutazioni della proteina Spike osservabili nelle diverse varianti COVID-19 portano il virus a eludere gli anticorpi prodotti contro la versione di Spike del ceppo originale usato per le vaccinazioni o prodotti dai soggetti guariti, i quali potrebbero non  riconoscere l’agente patogeno con la mutazione (variante). Non sempre gli anticorpi risultano completamente inefficaci nel prevenire le forme gravi di COVID, ma sicuramente non sono in grado di garantire la stessa protezione dal ceppo originale.

Al fine di ottenere una serie di anticorpi in grado di neutralizzare il maggior numero di varianti possibile, i ricercatori della Washington University School of Medicine hanno immunizzato alcune cavie mediante il dominio di legame del recettore della Spike (responsabile della creazione di legame tra il virus e le cellule). Dei 43 anticorpi ottenuti in questa prima fase della sperimentazione, soltanto 9 sono stati nuovamente testati sulle cavie per osservare il livello di efficacia contro l’infezione dal coronavirus originario.

Solo 2 anticorpi hanno mostrato livelli di neutralizzazione altissimi. Si è quindi passati alla fase successiva, nel corso della quale è stata osservata l’efficacia degli anticorpi contro varianti COVID-19 quali:

  • Alfa;
  • Beta;
  • Gamma;
  • Delta;
  • Iota;
  • Kappa;

Le prime quattro sono classificate varianti VOC (“varianti di preoccupazione”), mentre le restanti due sono varianti VOI (“varianti di interesse”) (fonte). La sperimentazione è stata messa in atto anche nei confronti di varianti minori ancora oggetto di studio. Solo 1 anticorpo ha mostrato efficacia contro tutte le varianti COVID-19. L’anticorpo, ribattezzato SARS2-38, ha protetto le cavie anche da varianti come la Delta, che è attualmente quella predominante in Europa e nel mondo. La somministrazione con dosaggio inferiore non ha inoltre scalfito l’efficacia della terapia.

Perché SARS2-38 è efficace contro tutte le varianti?

Il nuovo anticorpo sembra quindi essere sia ampiamente che altamente neutralizzante. In poche parole, non solo sembrerebbe in grado di difendere da tutte le varianti conosciuti, ma non perderebbe di efficacia anche se somministrato in piccole dosi. In una nota i ricercatori della Washington University School of Medicine hanno specificato che la combinazione di queste due caratteristiche è alquanto rara. Inoltre l’anticorpo si può prestare bene alle terapie combinate, dato che il legame con la proteina Spike si verifica in maniera diversa rispetto agli altri anticorpi fino a oggi ottenuti.

Tuttavia i ricercatori hanno anche identificato due mutazioni molto rare della proteina Spike che sembrano inibire parzialmente l’azione di SARS2-38. L’incidenza è pari allo 0,04% a fronte di 800.000 sequenze del coronavirus (fonte).

Trattandosi come anticipato di uno studio in fase preprint, si attende la revisione dell’articolo e la sua pubblicazione per l’ufficialità e la conferma dell’attendibilità dello studio.

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