In estate una bevanda con ghiaccio è l’ideale per cercare di difendersi contro la canicola; che sia un cocktail alcolico, del thè o una granita rinfrescante, l’uso del ghiaccio nella ristorazione riveste sicuramente una pratica consolidata.
Tuttavia, numerosi studi hanno dimostrato quanto la sicurezza alimentare che ruota attorno alla somministrazione di bevande ghiacciate sia in realtà molto fragile, soprattutto per la diffusione di batteri fecali nei cubetti di ghiaccio, tra cui spiccano E. coli ed Enterococchi.
Va detto che una persona in salute e con un sistema immunitario ben funzionante non corre nessun rischio sanitario grave con l’esposizione a questi patogeni; ad ogni modo è necessario avere chiaro che il ghiaccio può essere un veicolo di trasmissione di patogeni al pari di altre matrici per ragioni di sicurezza alimentare e sanitaria.
In questo articolo parliamo di:
Come fanno i batteri a resistere alle basse temperature?
Il mondo dei batteri è formato da una moltitudine di specie, tra cui possiamo trovarne alcune che vivono bene a temperature molto alte o altre che invece prediligono il freddo.
La temperatura ottimale di crescita di un batterio dipende principalmente dalle proprietà chimiche e strutturali dei suoi enzimi che sono alla base del metabolismo: se gli enzimi che garantiscono il progredire delle reazioni metaboliche sono attivi anche a temperature basse, il batterio sarà in grado di sopravvivere anche in un contesto ambientale freddo.
Se la macchina del ghiaccio o i contenitori che usiamo in casa per conservarlo non sono ben puliti possono esserci dei residui organici che garantiscono al batterio una fonte di sostanze nutritive e quindi permettere la sua crescita.
Ancora maggiore attenzione va posta in viaggi all’estero in paesi in via di sviluppo dell’America Latina, dell’Africa, del Medio Oriente e dell’Asia, in cui l’acqua è a rischio microbiologico, al fine di evitare tossinfezioni e diarrea del viaggiatore.
Ghiaccio a scopo alimentare e salute pubblica: cosa li lega?
Sebbene siano stati redatti standard per la qualità del ghiaccio da parte dell’International Packaged Ice Association, in letteratura sono riportati studi che evidenziano la qualità inconsistente dei prodotti a base di ghiaccio che sono presenti in commercio. Uno studio microbiologico condotto sul ghiaccio è sicuramente uno spunto molto importante perché potrebbe fare luce sull’importanza di questa matrice per la salute alimentare.
Proprio perché il ghiaccio viene ottenuto dal congelamento di acque potabili, sia che esso sia prodotto a livello industriale o domestico, l’eventuale presenza di batteri intestinali può sottolineare l’avvenuto accadimento di eventi di contaminazione con matrici solide inquinate.
La presenza di batteri che normalmente popolano l’intestino dei mammiferi è un valido indicatore dello stato igienico del ghiaccio.
Lo studio sulla presenza di popolazioni batteriche nel ghiaccio per uso alimentare: che cosa è stato evidenziato?
L’università di Palermo ha condotto uno studio in cui è stata messa a confronto la composizione microbica del ghiaccio proveniente da varie fonti, precisamente quello prodotto da 5 attività industriali del settore, 5 attività di ristorazione e da 5 congelatori domestici.
L’obiettivo dello studio è stato quello di valutare la presenza di batteri in grado di sopravvivere nel ghiaccio, identificarne la specie e monitorare l’eventuale capacità di sopravvivenza di questi ceppi in diverse bevande alcoliche.
Il flusso di lavoro è stato caratterizzato da una prima collezione di campioni di ghiaccio a partire dalle varie fonti.
Ciascun campione di ghiaccio è rappresentato da un’aliquota comprendente approssimativamente 500 g di materiale.
Il ghiaccio è stato sciolto a temperatura ambiente e l’acqua così ottenuta è stata incubata in piastre Petri contenenti terreni appositi per la crescita batterica.
A partire dalle piastre sono state individuate varie colonie batteriche di forme e colori diversi. Il materiale batterico isolato è stato oggetto di un’estrazione di DNA.
Il materiale genetico, grazie all’applicazione di particolari tecniche di biologia molecolare ha permesso l’identificazione delle specie.
Come ultima analisi le colonie isolate son state incubate in soluzioni di acqua e alcol, con pH i e composizione paragonabili alle bevande alcoliche maggiormente consumate.
I risultati hanno evidenziato che le tre diverse fonti di campionamento del ghiaccio, quella industriale, domestica e delle attività di ristorazione, hanno diversi livelli di contaminazione, laddove il ghiaccio ottenuto dai bar e dai pub ha mostrato il livello più elevato di batteri.
Le specie ritrovate sono in maggioranza di derivazione ambientale ma sono state identificate anche specie intestinali o che colonizzano le acque reflue. Le simulazioni delle bevande hanno evidenziato che la presenza in queste ultime dell’etanolo e di varie sostanze con vaghe proprietà antimicrobiche potrebbero ridurre il rischio di contaminazione con i batteri provenienti dal ghiaccio.
Fonti
https://annalsmicrobiology.biomedcentral.com/articles/10.1007/s13213-017-1311-1
https://www.microbiologiaitalia.it/batteriologia/cocktail-ghiaccio-batteri/
https://jamaicahospital.org/newsletter/tips-to-make-sure-the-ice-in-your-freezer-is-clean/
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