L’11 aprile di ogni anno ricorre la Giornata Mondiale della Malattia di Parkinson. Per l’occasione la Società Italiana di Neurologia (SIN) ribadisce l’importanza della diagnosi precoce e la necessità di intervenire tempestivamente con una terapia mirata.
La ricorrenza si tiene l’11 aprile, nell’anniversario della nascita del dottor James Parkinson, un medico di campagna inglese nato nel 1755. Nel 1817 il dottor Parkinson fu il primo a descrivere i sintomi della malattia nel saggio monografico An Essay on the Shaking Palsy, traducibile in italiano come Saggio sulla paralisi agitante. Nei suoi scritti troviamo la prima attestazione della sindrome, senza dubbio già presente nella storia dell’umanità da millenni. Il medico non formulò alcuna prescrizione terapeutica, nel suo scritto si premurava di indagare le cause della malattia che oggi sono ancora ignote.
Cerchiamo ora di approfondire l’importanza della diagnosi precoce, campanelli d’allarme pre-sintomatici e sintomi precoci della malattia.
In questo articolo parliamo di:
Malattia Parkinson: il fattore tempo
Oltre un secolo dopo non è ancora stata trovata una cura risolutiva per la sindrome. Viene posto tuttavia l’accento sull’importanza della diagnosi precoce. Il fattore tempo è infatti importante e decisivo nell’attuazione del percorso terapeutico.
Spesso infatti la patologia viene diagnosticata in seguito alle prime disfunzioni motorie, che purtroppo si presentano quando la malattia è già nello stadio più avanzato.
Il Parkinson è il disturbo neurodegenerativo più diffuso dopo l’Alzheimer. Questa patologia provoca un progressivo deterioramento delle funzioni motorie. Secondo le ultime statistiche europee sono 1,2 milioni in tutta Europa, le persone affette da Parkinson. Circa 400.000 sono i malati di Parkinson in Italia. La conoscenza di questa malattia, delle sue cause e del suo sviluppo è tuttavia ancora limitata.
Sensibilizzare le persone, in occasione dell’11 aprile e non solo, è dunque fondamentale per favorire una diagnosi precoce del morbo.
Malattia di Parkinson: l’importanza della diagnosi precoce
Oggi la ricerca ha fatto decisivi passi avanti, soprattutto nelle terapie accompagnatorie e riabilitative per i pazienti. La speranza, espressa dal dottor Parkinson nel suo saggio, che un giorno si potesse arrivare a guarire o arrestare il decorso della malattia purtroppo non si è realizzata. Tuttavia sono state sviluppate alcune tecniche terapeutiche che alleviano la sofferenza dei pazienti.
La diagnosi precoce è importante perché i trattamenti sono più efficaci se somministrati sin dall’inizio della malattia, ovvero nel suo primissimo esordio. Intervenire tempestivamente con i farmaci dopaminergici o neuroprotettivi può aiutare a rallentare la progressione del morbo. In breve, la diagnosi in persone ad alto rischio di sviluppare la malattia può davvero fare la differenza.
Tra i prossimi obiettivi della ricerca scientifica vi è infatti quello di intercettare i soggetti ad alto rischio e identificare i geni responsabili della sindrome, in modo da sviluppare azioni di prevenzione e terapie mirate.
Ma quali sono i primi campanelli di allarme della malattia? Scopriamoli insieme.
4 campanelli d’allarme della Malattia di Parkinson
Per rallentare l’evoluzione del morbo di Parkinson è importante diagnosticarlo precocemente e porre attenzione già nella fase pre-sintomatica a manifestazioni cliniche non specifiche che possono essere campanelli d’allarme della malattia.
Si tratta in particolare di sintomi non-motori che permettono di identificare i soggetti maggiormente a rischio di sviluppare la sindrome. Ma come capire queste iniziali manifestazioni?
Vediamo un rapido elenco:
- Deficit olfattivo (ipo o anosmia): si tratta della perdita dell’olfatto. Può trattarsi di un problema parziale o, in casi molto rari, completo. Può essere un disturbo temporaneo oppure definitivo. La perdita solo parziale dell’olfatto è detta iposmia. L’anosmia è un sintomo anche di una possibile infezione da coronavirus e ovviamente questo va tenuto in considerazione quando si cerca la causa del disturbo.
- Depressione o disturbi dell’umore
- Dolori alle articolazioni
- Disturbo comportamentale durante il sonno REM (Rapid eye movement Behavioural Disorder, RBD): è stato studiato che i primi sintomi del Parkinson si manifestano nel sonno. Il disturbo del sonno Rem è caratterizzato da comportamenti anche violenti durante il sonno, quali urlare, scalciare, tirare pugni. L’RBD rappresenta, al momento, uno dei marker predittivi più importanti della malattia di Parkinson.
Circa il 60% dei pazienti con disturbo comportamentale in sonno REM, infatti, sviluppa la patologia entro 10-12 anni.
Ha spiegato il professor Alfredo Berardelli, Presidente della SIN e Ordinario di Neurologia presso La Sapienza Università di Roma, in occasione della Giornata mondiale dedicata alla patologia.
Morbo di Parkinson: i sintomi
Vediamo ora invece quali sono i primi sintomi già collegati alla sindrome:
- Difficoltà gastrointestinali, costipazione e rallentamento del movimento del cibo dallo stomaco all’intestino (gastroparesi);
- Senso dell’olfatto ridotto o assente;
- Problemi del sonno, tra cui insonnia, sindrome delle gambe senza riposo e sonnolenza diurna eccessiva;
- Disfunzione sessuale, come disfunzione erettile negli uomini, scarsa lubrificazione nelle donne o difficoltà a raggiungere l’orgasmo per entrambi i sessi;
- Disturbi dell’umore, come depressione o ansia.
Esami strumentali, come la risonanza magnetica dell’encefalo, possono contribuire alla diagnosi e all’esclusione delle malattie che presentano sintomi analoghi. La conferma della diagnosi può arrivare tramite esami specifici, ad esempio la SPECT (Tomografia Computerizzata ad Emissione Singola di Fotoni).
Nelle fasi iniziali di malattia è inoltre possibile riscontrare, tramite analisi cliniche, la presenza di una proteina che si accumula in modo abnorme in presenza della patologia: si tratta dell’alfa-sinucleina.
In termini clinici poi il morbo di Parkinson si presenta nella nota triade parkinsoniana dei sintomi motori:
- Tremore a riposo;
- Rigidità plastica;
- Bradi‐ipocinesia: si riferisce alla lentezza del movimento, alla riduzione della manualità del paziente.
La comparsa di questi sintomi tuttavia rivela che la malattia si trova già a uno stadio avanzato, cioè quando il 60% delle cellule dopaminergiche del cervello sono degenerate.
La sfida della ricerca: screening e prevenzione
La grande sfida della ricerca contro il Parkinson oggi consiste nell’identificazione dei soggetti a rischio tramite screening e programmi di prevenzione. I medici puntano a individuare i “soggetti sani” che potrebbero, nell’arco di un decennio o più, sviluppare la sindrome. Agire tempestivamente su questi pazienti potrebbe essere la soluzione più efficace per prevenire l’insorgenza del morbo.
Nel frattempo la ricerca medica si sta specializzando anche su altri fronti, sviluppando terapie capaci di rallentare la progressione della patologia degenerativa.
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