Malattia Parkinson: cos’è, quali sono i sintomi e trattamenti disponibili

In medicina è una sfida, ma anche un punto fondamentale, determinare il prima possibile la possibile insorgenza di una malattia. Questo per poter agire tempestivamente e iniziare subito i trattamenti più adeguati. In questo senso la ricerca si impegna ad approfondire le dinamiche che avvengono a livello molecolare nel nostro corpo. Alcuni ricercatori si sono concentrati sulla malattia neurodegenerativa di Parkinson e hanno sviluppato un test del sangue che con l’aiuto dell’intelligenza artificilae (IA) potrebbe predire l’insorgenza della malattia con anche 7 anni di anticipo dai sintomi.

Malattia di Parkinson: cos’è e quali sono i segni caratteristici

La malattia di Parkinson è stata descritta per la prima volta da James Parkinson nel 1817, ma i sintomi erano noti già nella medicina indiana e cinese.
La malattia di Parkinson è una sindrome extrapiramidale caratterizzata da rigidità muscolare che si manifesta con resistenza ai movimenti passivi, tremore che insorge durante lo stato di riposo e può aumentare in caso di stato di ansia e bradicinesia che provoca difficoltà a iniziare e terminare i movimenti. Questi sintomi si risolvono poi in disturbi dell’equilibrio, andatura impacciata e postura curva. Altri sintomi possono essere depressione e lentezza nel parlare.

E’ un disturbo progressivo causato dalla morte delle cellule nervose nella parte del cervello che controlla il movimento. Queste cellule nervose muoiono o si deteriorano, perdendo la capacità di produrre dopamina a causa dell’accumulo della proteina alfa-sinucleina. Il Parkinson ad oggi colpisce quasi 10 milioni di persone in tutto il mondo ed è fra le malattie neurodegenerative in più rapida crescita, seconda a quella di Alzheimer.

I quattro campanelli di allarme pre-sintomatici del Parkinson

Fondamentale è una diagnosi precoce. Per poter individuare il Parkinson nella fase pre-sintomatica attraverso manifestazioni cliniche non specifiche possiamo fare attenzione ad alcuni segnali.
Ecco quali sono:

  • Deficit olfattivo (ipo o anosmia): si tratta della perdita dell’olfatto. Può trattarsi di un problema parziale o, in casi molto rari, completo e può essere temporaneo oppure definitivo.
  • Depressione o disturbi dell’umore
  • Dolori alle articolazioni
  • Disturbo comportamentale durante il sonno REM (Rapid eye movement Behavioural Disorder, RBD): è caratterizzato da comportamenti anche violenti durante il sonno, come urlare, scalciare, tirare pugni. L’RBD rappresenta, al momento, uno dei marker predittivi più importanti della malattia di Parkinson.

Ed è ormai noto che circa il 75-80% delle persone con questo disturbo svilupperanno una sinucleinopatia (un tipo di disturbo cerebrale causato dall’accumulo anomalo di una proteina chiamata alfa-sinucleina nelle cellule cerebrali), incluso il Parkinson.

Un test per predire la malattia di Parkinson in anticipo

Oggi, le persone affette da Parkinson vengono trattate con terapie specifiche dopo che hanno sviluppato sintomi come tremore, rallentamento nei movimenti e nell’andatura e problemi di memoria. Un esame del sangue, però, potrebbe predire la malattia di Parkinson 7 anni prima della comparsa dei sintomi. Il potenziale test è stato sviluppato da un team di ricercatori, guidato da scienziati dell’University College London e dell’University Medical Center Goettingen.

Il test, spiegano gli esperti nello studio pubblicato su ‘Nature Communications‘, utilizza l’intelligenza artificiale per prevedere precocemente la patologia neurodegenerativa. I ricercatori, infatti, ritengono che una previsione e una diagnosi precoce sarebbero preziose per trovare trattamenti in grado di rallentare o fermare il Parkinson proteggendo le cellule cerebrali.

Osserva l’autore senior dello studio, Kevin Mills, dell’Ucl Great Ormond Street Institute of Child Health:

“non possiamo far ricrescere le nostre cellule cerebrali, quindi dobbiamo proteggere quelle che abbiamo”.

“Abbiamo deciso di utilizzare – continuano gli scienziati – una tecnologia all’avanguardia per trovare biomarcatori nuovi e migliori per la malattia di Parkinson e svilupparli in un test che possiamo tradurre in qualsiasi grande laboratorio del National Health Service. Con finanziamenti sufficienti, speriamo che sia possibile entro due anni”.

L’IA a supporto della diagnosi precoce

Gli scienziati hanno utilizzato una branca dell’intelligenza artificiale chiamato machine learning. Dal momento che la malattia progredisce dalla fase pre-motoria (appunto caratterizzata da sintomi non motori come il disturbo comportamentale del sonno REM) fino alla fase motoria invalidante, sono necessari biomarcatori oggettivi. Questo per le fasi iniziali/pre-motorie della malattia per poter intervenire e rallentare così il processo neurodegenerativo sottostante. I ricercatori hanno analizzato 8 biomarcatori nel sangue le cui concentrazioni sono alterate nei pazienti con morbo di Parkinson direttamente collegati a processi come l’infiammazione e alla degradazione di proteine ​​non funzionali.

Per vedere se il test fosse in grado di prevedere la probabilità che una persona sviluppi la malattia, il team ha analizzato il sangue di 72 pazienti con disturbo del comportamento del sonno Rem. Quando lo strumento ha analizzato il sangue di questi pazienti, ha identificato che il 79% di loro aveva lo stesso profilo di una persona affetta da Parkinson.

I pazienti sono stati seguiti nel corso di 10 anni e il team ha previsto correttamente che 16 pazienti avrebbero sviluppato il Parkinson. Quindi è stato in grado di farlo fino a 7 anni prima dell’esordio di qualsiasi sintomo. Il team sta ora continuando a seguire i pazienti che potrebbero sviluppare la malattia per verificare ulteriormente l’accuratezza del test.

Quali sono le terapia principali per il Parkinson

La terapia della malattia di Parkinson è sostanzialmente sostitutiva della carenza di dopamina cerebrale. Ci sono diverse categorie di prodotti che vengono utilizzate per contrastare la progeressione di questa malattia neuroogica. Ecco quali sono.

  1. Precursone della dopamina
    La levodopa si assume per bocca, in combinazione con carbidopa, e una volta assorbita viene trasformata in dopamina, il mediatore chimico carente nella malattia di Parkinson. La somministrazione di levodopa ristabilisce un controllo dei movimenti vicino alla normalità.
  2. Farmaci dopaminergici
    I dopaminoagonisti costituiscono una vasta classe di molecole con struttura simile alla dopamina che stimola direttamente i recettori dopaminergici. Alcuni dei farmaci di questa categoria sono: cabergolina, pramipexolo, rotigotina. Le forme farmaceutiche, in base alla molecola, possono essere, compressa, infusione e o cerotto cutaneo.
  3. Inibitori DDC
    La levodopa viene metabolizzata dall’enzima dopa decarbossilasi (DDC) che può essere bloccato dalla carbidopa e dalla benserazide.
  4. Inibitori COMT
    Il secondo enzima che metabolizza la levodopa è catecol-O-metiltransferasi COMT e può essere bloccato da entecapone, tolcapone e opicapone. Questi farmaci possono essere usati a supporto di levodopa nella fase più avanzata della malattia e per allungare l’intervallo fra le dosi di levodopa. Si utilizzano solo con la levodopa. Quando viene usato il tolcapone, è necessario valutare il grado di funzionalità epatica e se vi sono danni al fegato. Oggi è disponibile una formulazione farmacologica che contiene levodopa-carbidopa-entacapone. Mentre l’opicapone, grazie alla sua azione prolungata, permette una monosomministrazione giornaliera.
  5. Inibitori MAOB
    Gli inibitori delle monoaminoossidasi di tipo B (MAOB) bloccano l’enzima che elimina la dopamina nel cervello. Gli inibitori delle MAOB in commercio sono la selegilina, la rasagilina e la safinamide.
  6. Farmaci antivirali
    L’amantadina è in grado di indurre il rilascio di dopamina e di inibire la ricaptazione della amine. E’ utilizzata nelle prime fasi della malattia per la forma lieve, ma può diventare inefficace dopo diversi mesi.

Proseguono le analisi della ricerca su persone ad alto rischio

Si utilizzano, poi, anche farmaci diversi per gestire meglio situazioni di depressione, decadimento cognitivo, stipsi e disturbi del sonno REM. Proprio a proposito di questo ultimo sintomo, secondo gli esperti dello studio sui biomarcatori del sangue, identificando potenziali pazienti affetti da Parkinson con diversi anni di anticipo sarebbe possibile somministrare le terapie farmacologiche in una fase molto precoce. Questo potrebbe rallentare la progressione della malattia o forse impedirne la comparsa.

I ricercatori al momento stanno continuando le analisi, in particolare l’accuratezza del test analizzando campioni provenienti da persone che fanno parte della popolazione ad alto rischio di sviluppare Parkinson. Come ad esempio chi ha mutazioni in geni particolari come Lrrk2 o Gba. La speranza dei ricercatori è di ottenere finanziamenti anche per creare un test eseguibile in maniera più semplice mettendo una goccia di sangue su un supporto da inviare al laboratorio velocizzando la diagnosi precoce.

Fonti:

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