Negli ultimi giorni si è parlato molto degli studi pubblicati sulle riviste scientifiche britanniche Nature e British Medical Journal inerenti gli effetti collaterali dei vaccini anti-COVID e la vicenda “Pfizer-gate“. La notizia ha destato molta agitazione e ha contribuito a rafforzare lo scetticismo nei confronti dei vaccini utilizzati per prevenire la malattia.
Ma cosa dicono veramente gli studi in oggetto? Esaminiamo in maniera dettagliata i risultati di entrambi gli studi.
In questo articolo parliamo di:
Effetti collaterali dei vaccini anti-COVID: la verità sullo studio di Nature
Lo studio pubblicato su Nature lo scorso 26 ottobre mette in luce alcuni gravi effetti indesiderati riscontrati in seguito della vaccinazione contro il SARS-CoV-2, l’agente patogeno della COVID-19. Di seguito è riportato un estratto dall’articolo:
“Riportiamo, oltre alla generazione di anticorpi neutralizzanti, alterazioni consistenti dell’emoglobina A1c, livelli sierici di sodio e potassio, profili di coagulazione e funzioni renali in volontari sani dopo la vaccinazione con un vaccino SARS-CoV-2 inattivato. Cambiamenti simili erano stati riportati anche nei pazienti COVID-19, suggerendo che la vaccinazione imitava un’infezione. Il sequenziamento dell’mRNA di una singola cellula (scRNA-seq) delle cellule mononucleate del sangue periferico (PBMC) prima e 28 giorni dopo la prima inoculazione ha anche rivelato alterazioni consistenti nell’espressione genica di molti diversi tipi di cellule immunitarie. La riduzione di cellule T CD8+ e l’aumento del contenuto di monociti classici erano un esempio. Inoltre, scRNA-seq ha rivelato un aumento della segnalazione di NF-kB e una riduzione delle risposte all’interferone di tipo I, che sono state confermate da test biologici e si è verificato anche dopo l’infezione da SARS-CoV-2 con sintomi aggravanti. Nel complesso, il nostro studio raccomanda ulteriore cautela quando si vaccinano persone con condizioni cliniche preesistenti, tra cui diabete, squilibri elettrolitici, disfunzione renale e disturbi della coagulazione.”
Leggendo molto attentamente le prime tre righe, si riscontra la presenza di un dettaglio molto importante: si parla di un vaccino anti-COVID inattivato, vale a dire un vaccino in cui è presente l’agente patogeno inattivo. Lo studio è stato infatti realizzato analizzando la risposta di 11 volontari adulti sani vaccinati con il vaccino SARS-CoV-2 inattivato Vero Cell, ossia quello di Sinopharm. Sono vaccini con virus inattivato i vaccini cinesi delle case farmaceutiche Sinopharm (BBIBP-CorV) e Sinovac (CoronaVac) e il vaccino indiano della società Bharat Biotech (BBV152). Non si tratta dunque dei vaccini anti-COVID impiegati per la vaccinazione in Italia, i quali sono realizzati con mRNA codificante la proteina Spike del coronavirus (Comirnaty e Spikevax) o con un vettore virale (Janssen e Vaxzevria).
Pfizer-gate: lo studio del British Medical Journal
A inizio novembre sul portale del British Medical Journal fu pubblicato uno studio che gettava ombre sull’operato di Ventavia Research Group, una società statunitense incaricata di effettuare parte della sperimentazione del vaccino Comirnaty di Pfizer. A puntare il dito contro Ventavia sarebbe stata una ex dipendente con più di 15 anni di esperienza nel coordinamento e nella gestione della ricerca clinica, venuta a conoscenza di alcune gravi negligenze compiute durante gli studi clinici del vaccino a mRNA. La donna ha rivelato al British Medical Journal che, durante le due settimane in cui è stata impiegata presso Ventavia nel settembre 2020, ha ripetutamente informato i suoi superiori della cattiva gestione del laboratorio, dei problemi di sicurezza dei pazienti e dei problemi di integrità dei dati. Di seguito sono riportate le principali:
- Pazienti collocati in un corridoio dopo l’iniezione e non monitorati dal personale clinico;
- Mancanza di follow-up tempestivo dei pazienti con effetti collaterali;
- Omissione delle violazioni del protocollo;
- Errata conservazione di alcuni lotti di vaccini Comirnaty;
- Errata etichettatura di alcuni campioni di laboratorio;
- Ritardo nella comunicazione dei dati a Pfizer;
- Dati dell’assegnazione dei farmaci (vaccino o placebo) lasciati in chiaro nelle cartelle dei partecipanti, disponibili anche agli sperimentatori che avrebbero dovuto operare in cieco, ossia senza sapere se stessero somministrando vaccino o placebo ai pazienti.
L’ex dipendente ha anche accusato Ventavia Reserach Group di non aver provveduto all’adeguata formazione di alcune risorse e di non aver comunicato queste problematiche alla Food and Drug Administration e alla stessa Pfizer. La vicenda rinominata “Pfizer-gate” ha senza dubbio evidenziato gravi negligenze, tuttavia è bene precisare che Ventavia aveva in gestione solamente 3 dei 153 centri in cui si eseguivano gli studi sul vaccino di Pfizer-BioNTech negli USA. Nei restanti 150 centri non si sono riscontrate violazioni delle normative in vigore.
Conclusioni sul contenuto degli articoli
Com già riportato nei paragrafi precedenti, i vaccini anti-COVID inattivati non sono somministrati in 26 paesi dell’UE. L’unica eccezione è rappresentata dall’Ungheria, nazione che ha autorizzato il vaccino cinese di Sinopharm in via emergenziale. L’EMA e L’AIFA non si sono ancora espresse a favore di questi vaccini, mettendo in luce la possibilità che questi vaccini non siano sufficientemente sicuri o efficaci nel contrastare il contagio da coronavirus e lo sviluppo di COVID-19 in forma grave. L’articolo di Nature non fa menzione di problemi analoghi nei vaccinati con i vaccini autorizzati nel nostro paese, non sottoposti a studi di questo tipo.
Per quanto riguarda invece la vicenda “Pfizer-gate”, si è trattato di una serie di errori imputabili a una società che gestiva alcuni centri di sperimentazione in subappalto per conto della casa madre (3 su 153 centri). Laddove non venga appurata una falsificazione dei dati della sperimentazione, le informazioni sembrano testimoniare una malagestione ma non modificare i risultati di efficacia e sicurezza degli studi condotti sul vaccino anti-COVID di Pfizer-BioNTech, come strumento per prevenire il contagio da SARS-CoV-2.
Condividi su: