Clistere evacuativo: come, quando e perché?
La forma più comune di clistere è senza ombra di dubbio quella evacuativa. Si tratta di un clistere al quale si ricorre, nella stragrande maggioranza dei casi, per risolvere un problema di stitichezza momentaneo, che può essere causato da una massa di feci che sono troppo dure e disidratate per essere espulse.
Questi ammassi molto spesso si possono formare nell’intestino crasso, specie quando la persona è allettata e l’intestino poco reattivo agli stimoli contrattili che il movimento può dare. Il clistere in questo caso è estremamente utile e può ripristinare condizioni di normalità in anche una sola seduta.
Il clistere evacuativo può essere utilizzato anche nel caso in cui si debba sottoporre il paziente ad interventi di carattere chirurgico o comunque a procedure diagnostiche (pensiamo alla rettoscopia) che hanno come oggetto d’indagine l’intestino e più nello specifico l’ultima parte dello stesso. Il clistere evacuativo può essere anche utilizzato, periodicamente, per aiutare la defecazione delle donne che, in seguito al parto, hanno dovuto ricorrere al taglio del perineo, oppure per quelle che invece hanno punti di sutura che insistono sulla stessa area.
Per preparare un buon clistere evacuativo si utilizza acqua tiepida (mezzo litro), nella quale vengono spesso disciolte sostanze che hanno poteri purgativi, nello specifico la glicerina. Qualcuno, anche se si tratta di un materiale estremamente difficile da sciogliere con l’acqua, utilizza l’olio d’oliva. L’uso del sapone, molto comune un tempo, è stato finalmente abbandonato a causa del suo potenziale irritante. Nel caso in cui vi è la necessità di non irritare l’intestino si può ricorrere anche ad una soluzione salina, molto meno irritante della glicerina e similari.
Passiamo ora ad approfondire il clistere terapeutico. Voltiamo pagina per leggere di più.
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