Con il termine algodistrofia si intende un disturbo osseo e muscolare che comporta la percezione, sia soggettiva che oggettiva, di sintomi dolorosi avvertiti in modo sproporzionato rispetto alla reale entità di una qualsiasi lesione, o trauma subiti.
Si tratta di una patologia osteomuscolare cronica legata ad alterazioni vasomotorie, che riguardano in particolare la microcircolazione, causate da un disturbo dell’innervazione simpatica. È un fenomeno piuttosto diffuso, causato sì da eventi traumatici di lieve e modesta entità, ma a cui si associa anche una forte componente emotiva, dovuta all’ansia ed allo stress.
Essendo una condizione medica non legata ad un fattore scatenante univoco e distinto, nel corso degli anni l’algodistrofia, o algoneurodistrofia, ha assunto differenti denominazioni, tra cui:
- Morbo di Sudek (o atrofia di Sudek);
- Complex Regional Pain Syndrome (CRPS), di cui ne esistono due varianti, la CRPS 1 e la CRPS 2. È il termine con cui ci si riferisce all’algodistrofia più comunemente al giorno d’oggi.
Tuttavia l’elenco di sinonimi usati nel corso degli anni è molto più lungo e vasto, vediamoli qui di seguito:
- distrofia simpatica riflessa;
- simpatalgia;
- sindrome spalla mano (caratterizzata da un dolore che si diffonde lungo il braccio causato da un’alterata funzione del sistema nervoso autonomo);
- sindrome da dolore post-traumatico;
- distrofia simpatica riflessa;
- causalgia maggiore e minore;
- edema traumatico cronico.
In questo articolo parliamo di:
Quali sono i sintomi dell’algodistrofia?
I sintomi dell’algodistrofia vanno ad interessare le articolazioni ed in particolare i distretti più colpiti sono la testa del femore, l’anca, il ginocchio, la caviglia, il piede, la spalla, la mano ed il gomito, ovvero quelle sedi corporee maggiormente interessate da lievi ma costanti traumatismi da carico e da movimento. I sintomi avvertiti dal soggetto possono essere molteplici, elenchiamoli qui di seguito:
- dolore urente, ossia un dolore localizzato che si accompagna ad una sensazione di bruciore che si manifesta anche nelle ore notturne;
- disestesia cutanea, ossia una sensazione di dolore provocata da ogni tipo di contatto e stimolazione della pelle, anche da quelli minimi, quali un semplice sfioramento;
- edema;
- ipersensibilità;
- alterazioni della massa ossea dei distretti articolari interessati;
- ridotta funzione motoria dovuta per lo più al dolore ed alla sensazione di fatica e stanchezza;
- iperidrosi, quindi eccesso di sudorazione, o al contrario ipoidrosi, quando la produzione di sudore è ridotta.
Decorso della patologia
Si distinguono 3 diverse fasi dell’algodistrofia, legate sia all’entità della sintomatologia che alla durata. Vediamole di seguito:
- stadio I: caratterizzato da una forte sensazione dolorosa che si protrae per un periodo variabile tra 1 e 6 settimane;
- stadio I: della durata di 2-6 mesi in cui si manifesta distrofia, ossia modificazione, dei tessuti lassi;
- stadio II: che si protrae per 6-9 mesi, in cui si manifesta atrofia, ossia degenerazione dei tessuti, diminuzione del tessuto muscolare e ridotta capacità di movimento.
Sintomi e ripercussioni psicologiche
La sintomatologia fondamentale dell’algodistrofia è il dolore molto intenso, o comunque smodato rispetto all’evento (trauma, lesione) che lo ha causato. La diagnosi di tale disturbo viene ipotizzata quando nonostante la sintomatologia lamentata dal paziente, gli accertamenti clinici non evidenziano una causa specifica.
Vi è poi da aggiungere che questo tipo di disturbo va ad incidere maggiormente sulle persone ansiose ed emotive, questo perché lo stress e l’agitazione aumentano la risposta del sistema nervoso simpatico, e questo aumento di attività implica l’incremento della sintomatologia sia in termini di intensità che di frequenza, instaurando un vero e proprio circolo vizioso difficile da smontare.
Quali sono le cause dell’algodistrofia?
Quanto ai meccanismi di insorgenza dell’algodistrofia rimangono tutt’oggi ancora non del tutto chiari, si sa però che alla base del disturbo concorrono essenzialmente due fattori. Se da un lato alla base vi è uno stimolo doloroso (o nocicettivo) causato da un qualsiasi evento traumatico, quale un urto o una lesione a carico di un’articolazione, dall’altro concorre una forte componente di natura psicologica, quale un trauma, un lutto, un periodo stressante o problematiche familiari, economiche o lavorat/ive.
Le due componenti nell’insieme fanno sì che venga ad instaurarsi un meccanismo in cui il dolore si auto-alimenta e in cui si ha una percezione sproporzionata dei sintomi rispetto all’evento scatenante.
In sostanza si ha un’attivazione eccessiva del sistema nervoso simpatico, il quale stimola il rilascio dei mediatori dell’infiammazione che aumentano il flusso sanguigno nella zona interessata. Si viene così a formare un edema che causa compressione dei tessuti, quindi difficoltà di movimento e dolore.
Tutto questo avviene in un meccanismo prolungato e continuo che causa l’indebolimento dell’osso e l’alterazione dei tessuti molli (muscoli, connettivo) con il rischio di sviluppare un danno irreversibile.
Quali elementi permettono la diagnosi di algodistrofia?
Come visto in precedenza il sintomo caratterizzante dell’algodistrofia è il dolore persistente e duraturo, avvertito per lo più agli arti e soprattutto a livello delle articolazioni, senza però motivi evidenti che giustifichino il problema. Sottoposto ad indagini cliniche, infatti, il paziente non evidenzia alcuna causa concreta capace di spiegare il problema, al punto che né dagli esami ematochimici (esame del sangue), né dalle radiografie risultano alterazioni di rilievo.
A questo punto, vista la sovrapposizione del quadro clinico, va eseguita una diagnosi differenziale con un’altra condizione che manifesta sintomi simili ma che dal punto di vista delle terapie necessita di trattamenti molto diversi, ossia l’osteonecrosi della testa del femore (OTF). Quest’ultima è una condizione più grave, si tratta infatti di un’ischemia localizzata a livello della testa del femore che può generare quadri di artrosi e quindi degenerazione dell’articolazione.
Sia l’algodistrofia che l’osteonecrosi risultano positive alla scintigrafia, mostrando segni simili e, sottoposte a risonanza magnetica, le due condizioni mostrano aree bianche a livello della struttura ossea. Un segno di distinzione più netto tra le due patologie è la presenza dell’edema, e quindi del gonfiore, che interessa le articolazioni colpite da algodistrofia.
Terapie in uso
Il trattamento più adeguato per l’algodistrofia richiede un approccio multidisciplinare che prevede dunque l’intervento di più specialisti e quindi medici ortopedici che effettuano la valutazione del caso e la diagnosi, fisiatri e fisioterapisti per quanto riguarda l’aspetto riabilitativo, psichiatri e psicologici, anestesisti per la terapia del dolore e medici di base.
A differenza di quanto accade per l’osteonecrosi della testa del femore (OTF), l’algodistrofia non richiede mai un intervento chirurgico, né alcun tipo di manovre invasive, questo perché paradossalmente si potrebbero creare ulteriori lesioni con il rischio di peggiorare ulteriormente la condizione.
L’obiettivo delle terapie è quello di interrompere quel circolo vizioso visto in precedenza in cui il dolore si autoalimenta a causa dell’ansia, pertanto la strategia terapeutica più significativa ed indicata è di natura farmacologica che veste il ruolo di terapia del dolore.
Tra i farmaci più indicati vi sono gli oppioidi, i vasodilatatori, farmaci che agiscono inibendo il sistema nervoso simpatico, anticonvulsivanti, ed ancora i bifosfonati che agiscono sul trofismo dell’osso e gli elettrostimolatori.
Se adeguatamente seguita sia dal punto di vista medico, quindi farmacologico, che psicologico, l’algodistrofia ha buone probabilità di andare in remissione o comunque di risultare tollerabile dal paziente.
Condividi su: