L’anca, o articolazione coxo-femorale, è una sede anatomica soggetta costantemente a notevoli sollecitazioni, in quanto permette di mantenere la posizione eretta, di camminare, correre, saltare ed ancora su di essa va a scaricarsi gran parte del peso corporeo.
Tutti questi elementi fanno intendere quanto il dolore all’anca (o coxalgia) sia un fenomeno piuttosto comune che riguarda soprattutto i soggetti anziani, le persone in sovrappeso, le donne in gravidanza, e in chi pratica attività sportiva con molta frequenza.
L’anca è un’articolazione dell’arto inferiore costituita da due elementi ossei: il femore e le ossa del bacino, tenute insieme da una fitta rete di legamenti, tendini, muscoli, nervi e vasi sanguigni, facendo da ponte tra il bacino e le gambe, e consentendo nell’insieme l’esecuzione di movimenti complessi quali la rotazione, l’abduzione (allontanamento della gamba dal baricentro), l’adduzione (avvicinamento della gamba al baricentro), di estensione e flessione.
Nella maggior parte dei casi il dolore non indica una patologia di particolare rilievo, piuttosto la conseguenza di un piccolo trauma o di uno sforzo fisico, quindi si tratta di fenomeni passeggeri di scarso rilievo clinico, che però tuttavia possono dare esito a un dolore acuto (in genere monolaterale) che può estendersi alla schiena, alle gambe, alla regione glutea, all’inguine, associandosi a rossore cutaneo, gonfiore, presenza di ematomi, limitazioni nella deambulazione e lieve zoppia.
Talvolta, invece, la causa di coxalgia può essere legata ad una malattia sistemica o degenerativa, ed in questi casi il dolore è persistente, ingravescente, diffuso alle altre articolazioni, causa disturbi della deambulazione (che risulta ondulante o zoppicante), deformità ossee e può interessare una o entrambe le anche.
In altri casi, invece, il dolore all’anca è causato da un trauma molto intenso, tale da causare lussazioni o fratture, entrambe condizioni che devono essere sottoposte all’immediato trattamento medico, rivolgendosi al pronto soccorso, in virtù delle possibili emorragie che accompagnano il trauma e per limitare la possibilità si instaurino disabilità irreversibili.
Fornita una panoramica sulle funzioni, sull’anatomia e sui principali meccanismi all’origine del dolore all’anca, possiamo approfondire alcune delle cause più frequenti di coxalgia.
In questo articolo parliamo di:
Quali sono le cause più comuni di dolore all’anca?
Traumi
Si tratta della condizione più comune all’origine dell’instaurarsi di dolore all’anca (coxalgia). Abbiamo visto che l’anca è soggetta a numerosi e continui stress che possono alla lunga determinare traumi cronici.
I soggetti in sovrappeso vanno a caricare eccessivamente questa articolazione, determinando degenerazione della cartilagine e lesioni croniche a danno dei tessuti molli (tendini, legamenti, vasi sanguigni). Allo stesso modo chi svolge attività lavorative o sportive in cui è solito sollevare pesi, o comunque sollecitare e sforzare l’articolazione, sul lungo periodo è facile che manifesti quadri di infiammazione o degenerazione.
Oltre ai traumatismi cronici esistono ovviamente tutti quei fenomeni di traumi acuti e diretti causati da cadute, colpi e urti, capaci di generare contusioni, lussazioni o addirittura fratture del femore, in cui al dolore si associano limitazioni funzionali, impossibilità di movimento, gonfiore ed emorragie.
Artrite reumatoide
Malattia autoimmune che porta a condizioni di infiammazione cronica a danno delle articolazioni di tutto l’organismo, determinando limitazioni nei movimenti, dolori molto acuti e deformità delle ossa. È necessario chiarire che questa patologia colpisce tutte le articolazioni, pertanto i dolori si estendono a tutto il corpo;
Gotta
Patologia tipica di chi è solito ad una dieta iperproteica ed assume molta carne rossa. Questa abitudine porta ad un innalzamento dei valori di acido urico nel sangue ed alla sua aggregazione in forma di cristalli che vanno a depositarsi nelle articolazioni, specie degli arti inferiori, causando forti dolori che tendono a manifestarsi nel corso della notte.
Borsite trocanterica
Infiammazione della membrana sinoviale, la quale racchiude la sinovia, liquido che consente di attutire i traumi a carico dell’anca. Si tratta di un fenomeno molto comune negli sportivi.
Coxartrosi
Si tratta di un processo di artrosi, quindi di degenerazione della componente cartilaginea dell’anca con coinvolgimento anche dei tessuti molli, quindi dei legamenti, dei tendini, e della membrana sinoviale che raccoglie la sinovia, ossia quel cuscinetto di liquido che serve ad attutire i traumi a carico dell’anca. È una patologia molto frequente, tanto da interessare circa l’80% dei soggetti al di sopra dei 65 anni di età. Si possono identificare due forme di artrosi dell’anca (coxartrosi), una primaria o idiopatica ed una secondaria.
- Coxartrosi primaria: questa forma è dovuta all’instaurarsi di più condizioni concomitanti, tra cui spiccano sicuramente una componente genetica, l’età, il peso corporeo che tende a sovraccaricare e quindi a logorare l’articolazione, lo svolgimento di lavori pesanti che richiedono di sollevare pesi, e l’attività sportiva praticata con eccessiva frequenza (tipica degli sportivi professionisti).
- Coxartrosi secondaria: è conseguente a differenti patologie quali la displasia congenita dell’anca, traumi o artropatie infiammatorie.
In entrambi i casi il paziente manifesta dolore all’anca che si estende alla gamba, all’inguine, al gluteo e alla schiena, limitazione dei movimenti che comportano la tipica “andatura anserina” che imita la deambulazione ondeggiante di una papera, oppure una vera e propria zoppia.
Morbo di Perthes
Si tratta di un fenomeno di osteocondrosi, ossia di un processo degenerativo che non è causato da un’infiammazione, bensì da un’alterazione delle arterie che raggiungono l’anca.
Questa patologia interessa maggiormente la popolazione maschile in età infantile, sia in modalità monolaterale che bilaterale, ed i sintomi che caratterizzano la condizione sono: dolore acuto all’anca, all’inguine o al ginocchio che aumenta in modo lento ed ingravescente portando fino alla zoppia, e che diminuisce fino a sparire durante il riposo, dunque di notte.
Epifisiolisi della testa del femore
Determina un indebolimento delle cartilagini dell’anca, causando uno scivolamento della testa del femore rispetto alla sua porzione inferiore del collo, scatenando forti dolori e conseguente zoppia.
L’alterazione dell’assetto tra testa e collo del femore determina infatti una diminuzione della lunghezza dei muscoli del gluteo e quindi minor forza nel sostenere il bacino. Si manifesta soprattutto nei soggetti in età di accrescimento, quindi durante l’adolescenza, ed anche in questo caso il disturbo può manifestarsi in modalità mono o bilaterale.
Osteonecrosi dell’anca
In questa condizione si instaura un blocco della circolazione a livello delle arterie circonflesse, che porta ad ischemia e conseguente necrosi della testa del femore. Anche in questo caso i soggetti maggiormente colpiti sono di sesso maschile, ma in età adulta.
Questo disturbo può essere causato da una frattura del femore, da un evento traumatico, da un’embolia, da una trombosi, abuso di alcool, chemioterapia e fumo, ed in un’alta percentuale di casi richiede un impianto di protesi dell’anca.
In una fase iniziale della malattia si avverte un dolore sordo e molto acuto che aumenta durante l’esecuzione di movimenti rotatori e di flessione, e ancora nel corso della notte. Nelle fasi successive il dolore tende a diminuire, ma insorgono le limitazioni nei movimenti e la zoppia.
Displasia congenita dell’anca
Si tratta di un’anomalia congenita, pertanto già presente alla nascita del bambino, in cui non si ha il corretto sviluppo dell’articolazione dell’anca (coxo-femorale). Vengono perciò a mancare i rapporti tra i componenti articolari. Questa condizione si associa inoltre ad altre malformazioni, quali piede torto e metatarso addotto.
La displasia dell’anca ha ripercussioni durante tutta la fase di accrescimento del bambino, e si sviluppa in differenti stadi:
- Pre-lussazione: si instaurano malformazioni delle cartilagini e lassità dei legamenti, che non sono più in grado di tenere ferma in sede l’articolazione;
- Sub-lussazione: si ha l’aumento del tono dei muscoli dell’anca e della coscia;
- Lussazione vera e propria: si manifesta dopo il primo anno di vita e si ha la perdita dei rapporti articolari tra l’osso del bacino e la testa del femore.
Man mano si ha la caduta verso il basso del bacino nella parte opposta a quella interessata da displasia e si sviluppa una zoppia. Si tratta di una condizione che ha ottime possibilità di guarigione, questo se i trattamenti iniziano da subito dopo la nascita ed accompagnano l’intera fase di crescita, prevedendo l’ausilio di divaricatori, briglie, cuscini rigidi e manovre di correzione.
Se i trattamenti iniziano dopo i primi 4 anni, le possibilità di risoluzione si abbattono notevolmente e richiedono l’esecuzione di manovre correttive piuttosto dolorose, nell’adulto invece non esiste più possibilità di correggere o limitare la displasia, e l’unica opzione possibile prevede l’installazione di una protesi dell’anca.
Diagnosi e Terapia: cosa fare?
Ogni processo infiammatorio, degenerativo o traumatico, viste le funzioni dell’anca, può compromettere negativamente il normale svolgimento delle normali attività quotidiane, pertanto, a meno che non si tratti del risultato di un piccolo trauma o di un affaticamento a seguito di un’intensa attività fisica, il dolore all’anca è un evento che merita l’attenzione e la valutazione di un medico.
Una semplice contusione, o un affaticamento da sforzo, in genere sono condizioni che si risolvono senza lasciare conseguenze, adoperando semplici rimedi quali impacchi freddi di ghiaccio, riposo dell’arto, l’applicazione di una crema antinfiammatoria, l’assunzione di antidolorifici per via orale tenendo conto degli effetti collaterali allo stomaco che può comportare.
Quando invece il dolore insorge senza apparenti motivi scatenanti, si manifesta come continuo o frequente e si accompagna a limitazioni del movimento, è necessario rivolgersi ad una visita specialistica in ortopedia quanto prima, evitando di temporeggiare nella speranza che i sintomi si risolvano da soli e soprattutto senza rischiare di peggiorare la propria condizione affidandosi a qualche consiglio o rimedio trovato su internet.
La visita dall’ortopedico in genere si svolge in due tempi, una prima parte di raccolta dati (anamnesi), ed una seconda di valutazione e visita. In fase di anamnesi il medico ortopedico rivolge una serie di domande mirate sui sintomi percepiti dal paziente, quindi: da quanto avverte il dolore, se questo è localizzato all’anca o se si estende alla schiena, alle gambe, all’inguine, al gluteo o ad altre articolazioni del corpo, e quando insorge (di notte, durante il movimento, dopo l’attività sportiva). Raccolte queste preziose informazioni il medico procede visitando il paziente, verificando la mobilità dell’articolazione, la presenza di malformazioni, il tono muscolare, l’andatura del soggetto, come distende la gamba e come appoggia i piedi per terra.
Il medico, sulla base di sospetti diagnostici più precisi, può richiedere ulteriori accertamenti, per esempio tramite un prelievo di sangue, utile nell’identificare malattie reumatiche, infezioni o alti livelli di acido urico. Le indagini di diagnostica strumentale (risonanza magnetica, radiografia, scintigrafia ossea) costituiscono il tipo di esame più utile ed utilizzato in campo ortopedico, questo perché forniscono una panoramica molto precisa delle strutture ossee e dei tessuti molli che le contornano, potendo verificare con chiarezza la presenza di degenerazioni, necrosi, fratture, usure e alterazioni anatomiche. Consentendo così di ottenere diagnosi accurate.
Le terapie più utilizzate di norma sono di natura farmacologica, con la somministrazione di sostanze che aiutano a contrastare i sintomi, quindi antinfiammatori e antidolorifici. Ovviamente i trattamenti sono in funzione della causa scatenante, e talvolta richiedono manovre correttive, l’utilizzo di mezzi contenitivi, sostegni ortopedici od ancora la necessità di procedere con un intervento chirurgico.
In caso di coxartrosi (artrosi dell’anca) si può inizialmente fare ricorso ad un trattamento conservativo in cui vengono somministrati farmaci antinfiammatori e antidolorifici, cui si aggiungono esercizi di ginnastica funzionale (soprattutto in acqua), per rafforzare la muscolatura e migliorare il movimento. Inoltre, viene indicato un calo ponderale ai soggetti in sovrappeso, per fare meno carico sull’articolazione.
In fase avanzata della patologia invece viene indicato un trattamento chirurgico.
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