Negli ultimi mesi, l’attenzione della comunità scientifica e sanitaria si è concentrata sulla comparsa di una nuova variante del COVID-19 che è stata battezzata “XEC”.
La suddetta variante è stata scoperta per la prima volta in Germania, nell’agosto del 2024; ultimamente ha attirato le attenzioni degli esperti in quanto caratterizzata da un rapido tasso di diffusione rispetto alle versioni precedenti.
Dopo l’identificazione iniziale, XEC ha iniziato a propagarsi rapidamente, raggiungendo numerosi paesi in Europa, Nord America e Asia. Attualmente, la variante è stata rilevata in oltre 27 paesi, tra cui Stati Uniti, Regno Unito, Canada e Danimarca, con numeri crescenti che suggeriscono che potrebbe presto diventare dominante su scala globale.
A dispetto della sua diffusione, XEC non rappresenta attualmente una variante completamente nuova, ma si è formata grazie agli eventi di combinazione di due varianti preesistenti, KS.1.1 e KP.3.3, entrambe discendenti della variante JN.1, che era dominante a livello globale all’inizio del 2024.
La capacità di XEC di espandersi in maniera veloce ha dato origine a una forte preoccupazione, poiché la sua presenza crescente potrebbe innescare una nuova ondata pandemica, soprattutto con l’avvicinarsi della stagione invernale, periodo in cui la trasmissione dei virus respiratori è storicamente più intensa
In questo articolo parliamo di:
La variante XEC: una fusione genetica
XEC è una cosiddetta variante ricombinante. Le varianti ricombinanti si formano quando una persona viene infettata contemporaneamente da due varianti differenti dello stesso virus, permettendo al materiale genetico di rimescolarsi e dare origine a un nuovo ceppo.
Questo tipo di processo può portare a vantaggi evolutivi per il virus, come una maggiore capacità di diffusione o una migliore resistenza alle risposte immunitarie del corpo. Nel caso specifico di XEC, la variante ha ereditato mutazioni chiave da entrambe le sue varianti progenitrici.
Dalla variante KS.1.1, XEC ha acquisito la mutazione T22N, mentre dalla variante KP.3.3 ha ereditato la mutazione Q493E. Entrambe queste mutazioni interessano la proteina spike del virus, che è la parte del virus responsabile del legame con le cellule umane e della successiva penetrazione all’interno delle stesse.
La mutazione Q493E, in particolare, sembra conferire al virus una maggiore affinità per i recettori cellulari umani, migliorando la capacità del virus di diffondersi da una persona all’altra. La mutazione T22N, invece, non è ancora completamente compresa, ma si ritiene che potrebbe contribuire a rendere il virus più competitivo rispetto ad altre varianti in circolazione.
La diffusione globale di XEC
Fin da quando è stata scoperta, poco più di due mesi fa, XEC si è rivelata essere una variante con una capacità di diffusione notevole. Alla metà di settembre del 2024 i casi confermati di infezione COVID-19 con variante XEC erano oltre 600, distribuiti in 27 paesi.
Le nazioni con il maggior numero di casi includevano Stati Uniti, Germania, Regno Unito, Canada e Danimarca, con rispettivamente 118, 92, 82, 77 e 61 casi accertati. Tuttavia, gli esperti avvertono che queste cifre potrebbero sottostimare la reale diffusione della variante, poiché alcuni paesi hanno sistemi di sorveglianza meno avanzati e non conducono un monitoraggio costante del genoma virale.
Attualmente, XEC rappresenta ancora una variante minoritaria in molte regioni, ma la sua prevalenza sta aumentando rapidamente. In Germania, ad esempio, circa il 13% dei campioni analizzati risultano appartenere a questa variante, mentre nel Regno Unito e negli Stati Uniti le percentuali sono del 7% e del 5%, rispettivamente.
Se la variante continuerà a diffondersi con questo ritmo, sarà probabile che diventi dominante nei prossimi mesi, superando altre varianti come JN.1 e KP.3.1.1, che hanno dominato le precedenti ondate di infezioni.
Il vantaggio evolutivo di XEC
Uno degli aspetti più interessanti e che destano più preoccupazione di questa variante è il suo evidente vantaggio in termini di espansione rispetto ad altre varianti più obsolete.
Gli esperti hanno stimato che la sua presenza stia crescendo con un tasso del del 3,8% al giorno, il che equivale a una crescita del 27% su base settimanale.
Questo suggerisce che XEC potrebbe rapidamente superare le altre varianti attualmente in circolazione, grazie a un vantaggio competitivo legato alle sue mutazioni genetiche. Le analisi indicano che XEC potrebbe avere una maggiore trasmissibilità, rendendola più efficace nel propagarsi all’interno della popolazione, soprattutto durante i mesi freddi, quando i virus respiratori tendono a diffondersi più facilmente.
Sintomi e impatto clinico di XEC
Dal punto di vista clinico, XEC sembra provocare sintomi simili a quelli delle precedenti varianti di COVID-19. Le persone infettate da questa variante riportano sintomi come febbre, mal di gola, tosse, dolori muscolari, mal di testa e stanchezza.
Finora, non ci sono indicazioni che suggeriscano che XEC provochi una forma di malattia più grave rispetto ad altre varianti di COVID-19. Gli scienziati stanno continuando a raccogliere dati clinici e a condurre studi di laboratorio per comprendere meglio l’impatto di questa variante sulla salute umana.
Tuttavia, con l’avvicinarsi dell’inverno, si prevede un aumento dei ricoveri ospedalieri per infezioni respiratorie, un fenomeno comune durante i mesi più freddi. Questo incremento potrebbe essere in parte dovuto alla maggiore circolazione di virus respiratori come l’influenza, ma anche all’aumento delle infezioni da COVID-19 causate da varianti come XEC.
Gli esperti suggeriscono che, sebbene XEC non sembri essere più letale, la sua rapida diffusione potrebbe comunque mettere sotto pressione i sistemi sanitari.
Vaccinazioni e prevenzione
Al netto delle considerazioni sulla crescita della variante XEC, i vaccini attualmente disponibili sembrano poter offrire una protezione abbastanza efficace contro le forme più severe della malattia.
L’Agenzia europea del farmaco (Ema) ha recentemente confermato che i vaccini approvati continuano a essere efficaci anche contro le nuove varianti, compresa XEC.
Come risposta alla diffusione della variante, molti governi hanno già preso iniziative volte a pianificare campagne di vaccinazione per l’autunno e l’inverno, utilizzando vaccini aggiornati che mirano alle varianti più recenti, tra cui JN.1, da cui XEC deriva.
Anche se i vaccini non possono prevenire completamente l’infezione, dovrebbero garantire una protezione significativa contro le forme gravi della malattia, soprattutto per le persone più vulnerabili, come gli anziani e coloro con condizioni di salute preesistenti.
La vaccinazione rimane uno degli strumenti più importanti per ridurre la gravità delle ondate di COVID-19 e prevenire il sovraccarico dei sistemi sanitari.
Cosa dobbiamo aspettarci nel futuro imminente?
XEC rappresenta una nuova sfida nella continua evoluzione del COVID-19, ma non sembra essere radicalmente diversa dalle varianti precedenti. La sua natura ricombinante e le mutazioni specifiche ereditate dalle varianti KS.1.1 e KP.3.3 le conferiscono un vantaggio evolutivo che ne facilita la diffusione, ma le somiglianze con le varianti precedenti e l’efficacia attesa dei vaccini suggeriscono che le attuali strategie di prevenzione e gestione del virus rimarranno efficaci.
Con l’avvicinarsi della stagione invernale, la comunità scientifica continuerà a monitorare attentamente la diffusione di XEC e a raccogliere dati clinici per valutare il suo impatto a lungo termine.
Nel frattempo, è fondamentale mantenere alta la guardia, proseguire con le campagne di vaccinazione e seguire le raccomandazioni sanitarie per ridurre il rischio di trasmissione e contenere l’eventuale impatto di questa nuova variante.
Fonti
https://www.doctor33.it/articolo/62183/covid-19-variante-xec-in-crescita-e-piu-contagiosa-delle-precedenti
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