In questo articolo parliamo di:
- A cosa serve la biopsia dell’endometrio?
- Che cos’è l’endometrio?
- Le tecniche per la biopsia dell’endometrio
- Quando viene prescritta una biopsia endometriale?
- I preparativi per il test della biopsia dell’endometrio
- Come si fa la biopsia endometriale?
- La biopsia dell’endometrio fa male?
- Ci sono rischi o effetti collaterali?
- I risultati della biopsia endometriale
- Cosa può condizionare il test?
La biopsia dell’endometrio è una procedura di carattere diagnostico, tramite la quale il medico preleva un piccolo campione del tessuto che riveste l’utero, l’endometrio appunto.
Una volta raccolto il campione viene analizzato in laboratorio al fine di individuare eventuali anomalie e per diagnosticare, nel caso in cui fosse ovviamente presente, la presenza di patologie di cui parleremo comunque in modo più dettagliato più avanti, nel corso della nostra trattazione.
A cosa serve la biopsia dell’endometrio?
La biopsia dell’endometrio è una procedura che viene attualmente utilizzata per andare a raccogliere un campione pluricellulare di tessuto dell’endometrio, il tessuto che riveste l’interno dell’utero.
È correntemente utilizzato di frequente per individuare quelle che sono le patologie che possono affliggere questo particolare tipo di tessuto e si effettua, in genere, nell’ambito di un’esame diagnostico più approfondito ovvero l’isteroscopia.
Che cos’è l’endometrio?
Per capire l’importanza di questo particolare test è altrettanto importante comprendere cos’è l’endometrio, quali sono le sue funzioni e soprattutto quali sono le possibili patologie che possono attaccarlo.
L’endometrio è una mucosa che riveste completamente la parete interna dell’utero. La sua parte più superficiale va incontro a modificazioni importanti durante il ciclo mestruale. La parte invece più interna, che è detta anche basale, ha anche funzioni rigenerative.
Lo strato funzionale dell’endometrio viene rigenerato al termine di ogni mestruazione. La sua proliferazione è indotta dagli estrogeni, e successivamente le modifiche che intervengono su questa particolare parte di tessuto sono compiute per tramite del progesterone. L’endometrio funzionale si adatta pertanto per ospitare l’impianto e la crescita di un embrione. Lo strato funzionale viene completamente rimosso durante il ciclo mestruale.
Ci sono diverse patologie che possono attaccare l’endometrio, tra le quali troviamo:
- Adenomiosi: ovvero la crescita del tessuto endometriale sulla parete muscolare dell’utero;
- Endometriosi: è la crescita di tessuto endometriale al di fuori dell’utero;
- Iperplasia Endometriale: è una patologia che indica l’eccessiva proliferazione delle cellule che compongono l’endometrio; è tipicamente una patologia che è direttamente collegata con la presenza di alti livelli di estrogeni, con concomitante assenza di livelli sufficienti di ormoni di altro tipo, come il progesterone;
- Tumore dell’endometrio: è una delle forme tumorali più comuni tra quelle che colpiscono l’apparato genitale femminile e può essere individuato anche ricorrendo a quelli che sono appunto i test come la biopsia endometriale;
- Sindrome di Asherman: è una patologia a causa della quale lo strato più esterno dell’endometrio viene danneggiato o da traumi, oppure da infezioni. Il risultato è una sclerosi del tessuto con conseguente danno permanente alla cavità uterina.
Le tecniche per la biopsia dell’endometrio
La biopsia dell’endometrio può avvenire secondo tre metodologie diverse:
- si può utilizzare la pipette, ovvero uno strumento che ricorda molto da vicino, per forma, una cannuccia, e tramite la quale il medico può prelevare una parte di tessuto dall’utero. Il metodo è molto semplice da utilizzare, molto rapido, anche se può causare qualche crampo uterino;
- utilizzando un sistema di suzione elettronico (il Vabra). È una procedura che è sicuramente meno confortevole della pipetta e che viene utilizzato pertanto sempre più di rado;
- il terzo metodo prevede invece l’utilizzo di una soluzione per irrigare l’utero, per lavare via parte del tessuto e poi raccoglierlo successivamente. In questo caso può essere necessario intervenire con uno spazzolino abrasivo prima della lavanda, al fine di rimuovere del tessuto che verrà poi raccolto nella seconda fase dell’intervento.
Quando viene prescritta una biopsia endometriale?
Si ricorre ad una biopsia endometriale quando ci sia il fondato sospetto di problematiche e/o patologie che potrebbero interessare appunto l’endometrio.
Tra le più comuni che possono essere diagnosticate tramite della biopsia endometriale troviamo:
- iperplasia endometriale;
- forme tumorali a carico dell’endometrio o dell’utero;
- individuare le possibili cause di un’emorragia uterina.
Inoltre, si può ricorrere all’utilizzo della pratica al fine di individuare la presenza di un endometrio sufficiente ed adeguato per supportare una gravidanza.
La biopsia endometriale è anche utilizzata in concomitanza con l’isteroscopia, ovvero una endoscopia della cavità interna dell’utero, utilizzata anche questa a scopo diagnostico.
I preparativi per il test della biopsia dell’endometrio
La biopsia dell’endometrio non ha bisogno di eccessivi preparativi. Sarà però necessario comunicare al medico curante e al medico che si preoccuperà di eseguire la procedura:
- la possibilità che ci sia una gravidanza in corso. Non è possibile infatti svolgere il test durante tutta la gestazione;
- l’utilizzo di medicinali di qualunque tipo;
- nel caso in cui avessimo delle allergie note a farmaci e principi attivi;
- nel caso in cui potessimo avere problemi con farmaci anti-coagulanti;
- nel caso in cui fossero in corso dei trattamenti per infezioni delle pelvi, vaginali oppure cervicali;
- nel caso di problemi acuti o cronici che potrebbero interessare il cuore o i polmoni.
Non esistono altri tipi di informazioni che sono necessarie per svolgere in sicurezza il test.
Il test viene tipicamente svolto intorno al 23-24esimo giorno del ciclo.
Prima del test bisogna inoltre evitare:
- l’utilizzo di tamponi;
- l’utilizzo di medicinali topici a livello genitale/vaginale;
- di lavarsi nelle ore precedenti il test.
Chi ha una soglia del dolore molto bassa può anche aiutarsi con un leggero antidolorifico, cosa che però dovrebbe essere concordata comunque con il medico che svolgerà l’operazione.
Come si effettua la biopsia endometriale? Fa male? Voltiamo pagina per approfondire.
Come si fa la biopsia endometriale?
La biopsia endometriale è fatta presso lo studio del ginecologo. Il campione raccolto viene poi inviato nel laboratorio di un patologo che provvederà all’analisi del materiale che è stato raccolto.
Sarà necessario, come per ogni visita ginecologica, togliersi completamente i vestiti che interessano la parte inferiore del corpo. Si assumerà poi la tipica posizione da visita ginecologica, con le gambe ben divaricate e mantenute in alto dagli specifici supporti.
Il medico procederà poi successivamente con l’inserimento dello speculum, che in modo indolore (anche se si potrebbe avvertire un po’ di fastidio), permetterà di allargare le pareti vaginali. La cervice uterina viene poi lavata con uno specifico liquido e dilatata con l’utilizzo di uno strumento chiamato tenaculum. In alcuni casi il dottore potrebbe procedere con il ricorso a delle dosi, comunque molto blande e prive di controindicazioni, di anestetico locale.
Successivamente, si procede con l’inserimento dello strumento scelto dal ginecologo per l’ablazione del campione di tessuto endometriale.
La biopsia endometriale non dura che al massimo 15 minuti, con il grosso delle procedure che si concludono comunque entro 10 minuti dall’inizio.
La biopsia dell’endometrio fa male?
La biopsia dell’endometrio può essere leggermente dolorosa, soprattutto nel momento in cui il dispositivo utilizzato per la raccolta del materiale cellulare viene inserito nella cervice uterina. Si possono avvertire degli altri crampi nel momento esatto in cui il campione è in fase di raccolta.
Il crampo che si avverte è molto simile per tipologia a quello che si avverte durante il ciclo mestruale.
In casi più rari il test può causare una sensazione di nausea e di fastidio allo stomaco, che però tipicamente scompare una volta che la biopsia sarà terminata.
Talvolta la biopsia può causare delle perdite di sangue. Non si tratta di nulla di preoccupante e il fenomeno dovrebbe rientrare, senza eccessive problematiche, nel giro di poche ore.
Ci sono rischi o effetti collaterali?
I rischi e gli effetti collaterali della biopsia dell’endometrio sono tutti legati alla possibilità che l’utero o la cervice vengano graffiati dallo strumento.
In questi casi possono avere luogo anche delle infezioni, nonché delle perdite di sangue, destinate a sparire dopo poco.
Dopo il test si possono avvertire intorpidimenti a livello vaginale fino a 48 ore dal test. È da ritenersi più che normale un maggiore flusso di muco vaginale, fino ad una settimana dopo il test.
È sconsigliato sottoporsi a sessioni di allenamento intense durante la settimana che segue la biopsia, così come sono sconsigliati i rapporti sessuali.
Chi ha fatto la biopsia dovrebbe inoltre evitare l’utilizzo di tamponi mestruali.
Bisogna immediatamente chiamare il medico nel caso in cui siano presenti:
- febbre;
- dolori addominali;
- odori nauseabondi nelle perdite vaginali;
- perdite vaginali troppo abbondanti, superiori per quantità a quelle del ciclo mestruale vero e proprio.
I risultati della biopsia endometriale
I risultati della biopsia endometriale possono essere ottenuti dopo pochi giorni dal test:
- normale: il campione in questo caso non presenta delle anomalie e dunque è confermato il buono stato di salute dell’endometrio;
- anormale – formazione anomala benigna: in questo caso tipicamente si tratta della presenza di un polipo;
- anormale – presenza di iperplasia endometriale. Siamo in presenza di una crescita eccessiva dell’endometrio sulla superficie uterina;
- anormale: presenza di cellule tumorali o di cellule che possono essere considerate come precursori del tumore;
- anormale: necessità di ripetere il test in quanto in fase mestruale.
Cosa può condizionare il test?
Il test può essere condizionato in modo fondamentale da:
- gravidanza: nel caso in cui stessimo affrontando una gestazione sarà necessario fare il test una volta conclusa, in quanto il test non può essere ritenuto attendibile durante questa fase particolare;
- in presenza di infezioni vaginali oppure alla cervice uterina;
- nel caso in cui il prelievo non sia stato sufficiente quantitativamente parlando. In questo caso sarà assolutamente necessario ripetere il test al fine di individuare la presenza o meno della patologia sospettata dal medico.